13 Tzameti



Regia: Géla Babluani

RECENSIONE

Grandissimo filmone, passato probabilmente troppo inosservato ma che, a chi ha avuto l’opportunità di vederlo, è rimasto sicuramente impresso perché, ve lo garantisco, questo non lo si dimentica in fretta. 

Pur restando un film di nicchia infatti, la pellicola ha ricevuto diverse nomination, ottenendo inoltre importanti riconoscimenti al Sundance Film Festival e al Festival di Venezia del 2006, a testimonianza della bontà del prodotto, venuto poi maggiormente alla ribalta qualche anno dopo grazie al remake americano firmato sempre dallo stesso regista, che però non ho visto e mai credo vedrò (vale un po’ lo stesso discorso di Funny Games per quanto mi riguarda e non mi va di aprire discussioni in merito). 


Il regista di cui accennavo è il georgiano Géla Babluani, qui praticamente all’esordio se si escludono alcuni cortometraggi amatoriali. Un esordio che mi fa pensare ad altri eventuali esponenti del cinema georgiano (anche se in realtà qui la produzione è francese, visto il trasferimento del regista in tenera età), e che onestamente ritrovo solo nel discreto 247°F, altro prodotto dalla trama quanto mai bizzarra ed intrigante. 

La storia vede il protagonista Sebastien che, ingolosito da una strana lettera (per altro neppure destinata a lui) dove si menzionava un particolare “lavoro” ottimamente retribuito, si reca sul posto, trovandosi però di fronte ad una sfida alla roulette russa dove gli invitati altro non sono che i partecipanti al gioco. 


Nonostante una trama apparentemente semplice, il risultato è assolutamente eccezionale, considerando anche il budget assolutamente ridotto che, in questo caso, ha pure offerto il suo pregevole contributo nella scelta del cast. Sorprende infatti la prestazione dell’attore protagonista, tale George Babluani

Vi dice niente il cognome? Esatto, si tratta proprio del fratello del regista, fatto questo che mi aiuta a creare immediatamente il collegamento con un altro grandissimo film poco conosciuto ma altrettanto potente, seppur trattante argomenti diversi, quel Combat Shock orchestrato dai fratelli Buddy (in regia) e Rick (come attore principale) Giovinazzo

Le ambientazioni fredde e sporche ci ricordano molto l’incredibile lavoro appena citato, e vengono qui amplificate dall’uso di un bianco e nero che generalmente non gradisco più di tanto, ma che in questo caso (come per esempio anche nel caso de L'Odio) alimenta in maniera decisa la potenza visiva della immagini. 


Nonostante un esperienza presumibilmente nulla, come già sottolineato in precedenza, George Babluani è perfetto per il ruolo del giovane Sebastien. Le sue espressioni smarrite mentre viaggia verso l’ignoto o nel momento in cui l’ignoto si materializza drammaticamente nell’incubo della sfida ad eliminazione, restano bene impresse nella mente dello spettatore e, nel complesso, vanno a creare un personaggio interessante e molto ben caratterizzato.


Quello che colpisce maggiormente poi è la nonchalance con cui si scommette sulla vita di quei poveri disgraziati, manco si trattasse di una partita di calcio. Un manipolo di figure ben assortite, ognuno con le proprie fragilità (se no col cazz che sarebbero lì) e le proprie motivazioni, che ci conducono lungo quel mondo spietato, manifesto di una società corrotta e palesemente incline al gioco d’azzardo oltre ogni limite. Una drammatica rappresentazione di quella che può essere la cattiveria dell’essere umano, senza alcun tipo di scrupolo, e incurante della sorte di poveri uomini che, imbottiti di sostanze stupefacenti, si ritrovano, spesso loro malgrado, coinvolti in situazioni ben più grandi di quelle che si erano immaginati. 


Risuonano ancora belli chiari nella mente gli “Alè”, “Encore”, “Un tir”, che si alternano attraverso un groviglio di maglie sudate, mani tremanti e sguardi impauriti, fino allo scoccare di quel dannato colpo, che potrebbe segnare la vittoria o la morte. 

Il climax di tensione che si viene a creare durante queste fasi, raggiunge picchi elevatissimi, per poi giungere a quel finale amaro, forse prevedibile, ma che sferra sempre un bel pugno nello stomaco, con quell’immagine del treno che va e che si porta dietro la sconfitta di un uomo e di un’intera Società. 

Fatevi un favore, vedetevi questo film, anche perché tra l’altro è pure breve e vi scorre via rapido, per rimanervi però dentro assai a lungo. 

Giudizio complessivo: 8.5

Enjoy, 


Trailer


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