La Spinta: La Recensione del Libro



Autore: Ashley Audrain

La Spinta segna l’esordio assoluto della scrittrice canadese Ashley Audrain e ha destato fin da subito grande curiosità, in virtù anche del grande successo avuto nei paesi in cui è stato pubblicato.

Dopo aver letto ed ascoltato pareri decisamente entusiastici, ho deciso di tentare questa lettura e ho deciso di iniziarla così un po’ a scatola chiusa senza aver la minima idea di che cosa si parlasse. E questa credo sia stata la scelta vincente, poiché se avessi letto prima la trama, probabilmente non avrei incominciato.

La Spinta rappresenta infatti qualcosa che si allontana dalla mia confort zone di lettura, non ci sono omicidi sensazionali su cui indagare, né squadre accanite verso la chiusura di un caso spinoso, soltanto il dolore di una madre incapace di godersi il dono che ha tanto desiderato e cioè quella figlia che le riporta alla mente la sua infanzia, e i non esattamente idilliaci rapporti mater-filia tra le varie generazioni della sua famiglia.

Ed è proprio la famiglia il fulcro di questo racconto, dal periodo dell’idillio in cui da novelli fidanzati tutto sembra fantastico, fino ai primi problemi, gli screzi e l’arrivo dei figli, che condurranno la nostra protagonista verso un baratro dal quale l’uscita appare francamente impossibile.

"Per contare i nostri problemi sarebbero bastati i petali della margherita nel mio bouquet, eppure di li a poco ci saremmo ritrovati persi in un prato ricoperto di margherite".

Il vortice di degrado interiore che si impossessa di Blythe ti cattura senza darti scampo, ti ritrovi a soffrire con lei, quasi vorresti entrare nel libro per darle un conforto o una scossa e invece assisti impotente ad una serie di scelte discutibili che altro non fanno che peggiorare ulteriormente la situazione.


La scelta della narrazione in prima persona (presente quasi interamente, salvo rare eccezioni) funziona alla grande e ti catapulta ulteriormente dentro la storia. Il dramma della perdita viene reso alla perfezione dalla scrittrice canadese e la figura di Violet si inserisce brillantemente all’interno di quel rapporto complicato e, col passare del tempo, decisamente pericoloso. Tanto da riuscire ad inculcarti quel dubbio su come siano andate veramente le cose a quell’incrocio, un dubbio che ti porti dentro fino alla conclusione anche se, più passa il tempo, più l’idea della non casualità emerge prepotentemente (almeno per quanto mi riguarda)

L’ansia che viene trasmessa quando madre e figlia si ritrovano face to face, raggiunge livelli elevatissimi e davvero fai fatica a staccarti dalla pagina, anche grazie a capitoli brevi, se non brevissimi, scelta che io apprezzo sempre. La scrittura poi risulta piacevole e scorrevole, senza troppi fronzoli e ti porta direttamente a dove Ashley Audrain vuole condurti.

Onestamente non ho trovato punti deboli, sinceramente mi ha coinvolto in maniera totalmente inaspettata, perché davvero non avrei mai detto di riuscire ad appassionarmi ad un drammone familiare di questo tipo, segno che forse a volte conviene lanciarsi verso qualche lettura che, in principio non sembrerebbe esattamente nelle vostre corse.

Alla fine comunque, nonostante i dubbi che ti restano dentro, emerge chiarissima una certezza, se avrò una figlia, DI CERTO NON LA CHIAMERO’ VIOLET. E aggiungo che, per fortuna, al momento non sono una donna incinta o con prole appena nata, perché tali categorie credo possano venire coinvolte in maniera decisamente più forte, e non tutte riuscirebbero ad arrivare alla conclusione.

Qui il libro

Giudizio complessivo: MOLTO ALTO

Enjoy,



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