Malignant: La Recensione del Film



Regia: James Wan

Ho sempre ritenuto che James Wan sia un regista molto valido (con Saw e Dead Silence quali suoi migliori lavori), con il limite di affidare i lavori legati ai franchise da lui creati a persone non assolutamente all’altezza (vedasi Conjuring 3 per esempio).

Con Malignant il regista ritorna a mettersi in proprio e dopo qualche annetto riabbraccia il genere horror, regalandoci una pellicola nel complesso interessante, ma non esente da difetti che da lui non mi sarei aspettato.

Brevemente la trama. Una donna di nome Madison inizia, dopo un litigio con il compagno, ad avere visioni in cui vengono commessi sanguinolenti omicidi. Quando però si viene a scoprire che alle visioni corrispondono in realtà veri delitti, il passato della donna tornerà a farsi ingombrante, tormentando lei e chi le sta intorno.


Già l’inizio prende bene, con la fase pre titoli di testa (molto belli tra l’altro) che ci fa capire che la qualità non manca e con la frase "No, forse hai bisogno di smettere di rimanere incinta" che inizia subito ad attirare il pubblico femminile (soprattutto quello dotato di uno spirito umoristico non esattamente affinato).

In realtà, la battuta consente di evidenziare la stronzaggine del compagno, meritatamente trucidato durante la prima (e molto suggestiva) visione della donna. Una visione alla quale ne seguiranno diverse altre, tutte rese in maniera tecnicamente impeccabile, e che mi consentono di evidenziare ciò che già avevo accennato riguardo alla bontà estetica del prodotto.


Ciò che poi risalta, in particolare proprio durante le scene prima citate, è l’abilità di Annabelle Wallis di caricarsi il film sulle spalle e di portare a casa una prestazione decisamente sopra le righe, dopo che già aveva salvato capra e cavoli nel primo Annabelle (e pure qui non è che venga affiancata da un cast alla sua altezza). Le espressioni impaurite durante gli incubi riescono senza dubbio a restare impresse nella mente dello spettatore, conferendo di conseguenza grande credibilità alle situazioni in cui si ritrova protagonista.

Il buon mix di soprannaturale, slasher e poliziesco riesce ad intrattenere piuttosto egregiamente, regalando anche qualche spruzzo di sangue che non guasta mai e che consente una visione senza pause fino alla conclusione.


Sembrerebbe quindi tutto pronto per veleggiare, se non verso un capolavoro, almeno verso un ottimo film, ma purtroppo il caro James a sto punto decide di farla fuori dal vaso, regalandoci un interpretazione del villain decisamente troppo grottesca (oltre che già vista), soprattutto in considerazione della piega intrapresa dalla pellicola fino a quel punto. Un conto infatti è se ti chiami Henenlotter (regista non certamente citato a caso) e costruisci una carriera su espedienti di questo tipo, ma in questo contesto ritengo che l’interpretazione di Wan non conferisca solidità ad una sceneggiatura che risulta alla lunga traballante e soprattutto non in linea con l’architettura studiata per l’occasione.

Perfino il combattimento finale, caricaturizzato in maniera fin troppo supereroistica, stona visibilmente con ciò a cui avevamo assistito fino a ¾ di pellicola, senza contare un abuso quasi forzato delle sequenze in cui si mischiano realtà e immaginazione, sebbene la creatura Gabriel-Emily sia comique efficace ed apprezzabile. L’impressione è quasi quella che abbia voluto prenderci per il culo e in parte potrei anche accettarlo se visibilmente dichiarato prima, ma così ho trovato il tutto una paraculata studiata per sbancare il botteghino e tentare di arraffare più fette di pubblico possibile.

Tra omaggi più o meno dichiarati (tra cui un riferimento chissà quanto voluto al valido e snobbatissimo Let Her Out) e scene più o meno riuscite, non posso però bocciare il film in toto, perché indubbiamente la qualità c’è e si vede. Ma non posso manco chiudere gli occhi di fronte a scelte che non riesco a condividere, per cui si becca una sufficienza abbondante e nulla più.

Giudizio complessivo: 6.5

Enjoy,


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