La Stanza Della Morte: La Recensione del Libro



Autore: Jeffery Deaver

Primo romanzo di Deaver per me, decimo tomo dello scrittore (grazie Wikipedia) incentrato su Lincoln Rhyme il criminologo tetraplegico già comparso al cinema in Il Collezionista D’Ossa, tratto appunto dal primo romanzo del buon Jefferey.

L’ho letto in inglese, quindi spero che vogliate perdonarmi se lo chiamerò The Kill Room, durante la recensione. Siccome è il libro che sceglie te, permettetemi un ringraziamento particolare a Monica per avermi portato nella sua Book Room a (farmi) scegliere.

Assaggio di trama: alle Bahamas un cecchino spara da una considerevole distanza dentro una camera d’albergo, uccidendo sul colpo Robert Moreno, un attivista antiamericano. La sua guardia del corpo e il giornalista venuto ad intervistarlo invece muoiono in seguito a sanguinamento dovuto all’esplosione delle schegge di vetro della finestra. A New York, la zelante e integerrima procuratore Nance Laurel chiede l’aiuto di Linconl Rhyme, Amelia Sachs e la sua squadra per raccogliere le prove necessarie ad incastrare per abuso di potere e “giustizia preventiva” Shreve Meztger, capo del NIOS, un’organizzazione governativa ed esecutori dell’omicidio. Ma l’indagine si complica a causa di Jakob Swann, un killer incaricato di cancellare le prove, appassionato di alta cucina e soprattutto di coltelli che usa per sfilettare eventuali testimoni…


Partiamo proprio dallo stile: senza il filtro del traduttore e una discreta conoscenza della lingua, ho trovato questo romanzo molto scorrevole per le sue 539 pagine. Una prosa lineare, strutturata in capitoli brevi e scritti in modo avvincente.

Deaver non usa termini troppo ricercati, o slang particolari a parte un po' di “legalese” e qualche sofisma sugli articoli di legge, ma per un thriller poliziesco è il minimo. Il fatto che la partita si svolga (quasi) a carte scoperte fin dall’inizio ci porta a destreggiarci tra depistaggi, insabbiamenti, omertà, tutto fra il traffico di New York e il caldo tropicale delle Bahamas. L’autore poi è stato bravo ad inserire un paio di cliffhanger in alcuni capitoli, ribaltando le aspettative e le presupposizioni dei lettori più scafati. Non so se sia una sua cifra stilistica, ma ho gradito.

Un romanzo estivo, buono per svagarsi e che si consuma in fretta e che si può leggere senza sapere niente del resto della saga; semmai è un incentivo a recuperarla.

Buona lettura.



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