Rosemary's baby: Dal Libro di Levin al Film di Polanski




Torniamo, finalmente, con una nuova puntata dl vostro (e nostro) format del cuore: Affinità e Divergenze (e questa volta proprio di nome e di fatto). Dopo aver scritto de L’Esorcista (libro e film) non potevamo non parlare di un’altra pietra miliare dell’horror moderno: Rosemary’s Baby.


RECENSIONE DEL LIBRO


Prima di parlare del film di Polanski bisogna partire dal libro omonimo di Ira Levin, uscito nel 1967 (anno precedente al film). Partiamo con la domanda principale: mi è piaciuto il libro? Ehhhh, a malincuore devo dire che Nì.

Andiamo però con ordine e partiamo dalla trama (anche se penso sia una delle trame più famose insieme a Psycho e L’Esorcista): Rosemary si trasferisce con il marito attore, Guy, nel bellissimo appartamento allo storico palazzo Bramford. Le cose cominciano ad andare un po’ storte quando rimarrà incinta.

Bene adesso che ci siamo tolti di mezzo la trama posso parlare del libro e del perché non mi ha convinta fino in fondo.

In primo luogo la sua protagonista: Rosemary è penso uno dei personaggi femminili più odiosi che abbia mai letto: una ragazza di provincia che arriva nella grande città e vive di tutto ciò che è apparenza e ci sta per l’evoluzione della trama solo che il modo in cui è scritta la fa apparire come una sciapa ragazzina viziata a cui importa solo decorare la casa come le riviste che tanto ama. E questo per me è un grande limite perché se non riesco a empatizzare con il protagonista di una storia, soprattutto se horror, mi passa la voglia di leggerne. Il suo atteggiamento poi, dopo il fatidico rapporto sessuale, è a dire poco agghiacciante, non per la portata horror ma per il cringe che si porta dietro.

Dall’altro lato la caratterizzazione degli altri personaggi, soprattutto i favolosi dirimpettai della nostra coppia del cuore, Minnie e Roman Castevet è meravigliosa. Sono ben raccontati, hanno quell’atteggiamento divertente e irritante che li rende dei personaggi meravigliosi e ben scritti, ecco avrei proprio voluto uno spin off solo sulla loro storia e sarebbe stato magnifico.

Veniamo poi ai minus che ho trovato nel modo in cui Levin si occupa della storia. Ho trovato una inutile e maniacale attenzione alla descrizione dei luoghi che potrebbe essere spesa per descrivere meglio personaggi principali e non; sto parlando di descrizioni così minuziose che sarebbe stato facilissimo costruirne una piantina della casa di Rosemary con tutti i mobili al suo posto.

I dialoghi poi un misto tra trash e cringe non indifferente, un modo implacabile di smorzare inesorabilmente l’atmosfera di tensione che ogni tanto i veniva a creare.

Mi è però piaciuto il background su cui è costruita la storia, tutta la parte di mistero ed esoterismo quella è stata la mia parte preferita della narrazione, seppur troppo breve per i miei gusti.

Il libro deve il suo successo al film uscito nell’anno successivo, non ci fosse stato il grande successo di Polanski il libro sarebbe passato quasi sotto traccia, quindi siamo davanti ad uno di quei rari casi in cui il film è meglio del libro.

Quello che soprattutto mi è mancato nel libro rispetto al film è il dubbio, il dubbio sull’atteggiamento di Rosemary, il dubbio su quello che lei vede, sente e su quello che accade. Il dubbio se tutto sia frutto di allucinazioni o se sia reale. Nel libro, nel modo in cui è scritto, tutto è reale.

Diciamo che forse tirandone le somme mi è piaciuto meno di quanto pensassi, i libri che considero davvero pietre miliari dell’horror letterario sono altri e soprattutto due: Il Giro di Vite di James, e senza dubbio L’Esorcista di Blatty.

Innegabile è il fatto che il libro di Levin abbia toccato corde personali che pochi libri hanno poi mai toccato: la maternità. La paura ancestrale che qualcosa possa non andare come deve e sicuramente se letto con un bambino che ti cresce dentro, beh ha sicuramente tutt'altro effetto. Gioca sicuramente come pochi con quel tema del perturbante di cui avevamo parlato riguardo a La Caduta di Casa Usher

Quel tema del doppio, tanto caro ad Hoffmann nel suo L'Uomo della Sabbia, viene qui declinato in chiave orrorifica, con sicuramente molti difetti e qualche pregio. 

Rosemary’s Baby ha dalla sua il fatto di essere fortunatamente un libro breve e pieno di dialoghi che ne velocizzano la lettura ma è soprattutto la mia più grande delusione letteraria del 2022.

Qui il libro

Speriamo che Luca la pensi diversamente sul film.



RECENSIONE DEL FILM


Che il successo delle vicende di Rosemary sia principalmente merito di Roman Polanski, è quindi ormai cosa assodata, dal momento che Rosemary's Baby (che nella solita ed inutile versione italiana vede pure aggiungersi l’interlocutorio “Nastro Rosso a New York”) si candida ad essere non solo uno dei migliori lavori del regista, ma pure uno degli horror più fascinosi sul tema satanismo & C.

Dopo l’altrettanto eccezionale Repulsion (il primo vero successone di RP) e il simpatico Per Favore Non Mordermi Sul Collo, Polanski vola negli States e, partendo dal romanzo di Ira Levin, costruisce il suo Rosemary’s Baby, che finisce con il consacrarlo definitivamente pure oltreoceano.

Ci troviamo di fronte ad un horror che di fatto non fa paura e che non presenta neppure scene particolarmente cruente o sanguinose tali da giustificarne l’appartenenza al genere. Ma la sua grandezza sta proprio qui, dal momento che riesce ad inquietare come pochi altri (ricordo che siamo nel 1968), esattamente come avevo avuto il piacere di sottolineare nel The Changeling del 1980. Il terrore che avvolge gli occhi della giovane donna e la paranoia che la porta al non fidarsi più di nessuno, neppure della persona accanto alla quale si addormenta la sera, trasmettono allo spettatore quell’angoscia che, una volta entrata in circolo, diventa ingombrante da scacciare, lasciandolo di conseguenza impotente dinanzi al crollo fisico e soprattutto mentale di Rosemary.


Anche la prima parte che, se vista distrattamente o con gli occhi di chi va in cerca di altro, può apparire non eccessivamente coinvolgente, limitandosi quasi ad una routinaria rappresentazione della vita di coppia, serve a farti entrare in contatto diretto con i protagonisti della vicenda, rendendoti partecipe della loro esistenza, sin da quel dannato Lalalala iniziale che è impossibile da scordare in tempi relativamente brevi, e passando per ogni piccola sfumatura che ci condurrà per mano attraverso la gravidanza della donna e tutto ciò che ne consegue.


"Mostri, siete tutti mostri"


Nonostante poi la giovane età di Polanski potrebbe farci pensare ad un regista ancora acerbo, il film appare invece tecnicamente eccellente, con una regia certamente raffinata che spesso si focalizza su intriganti inquadrature e primi piani dei personaggi. La sequenza dell’incubo (o non incubo?) di Rosemary è poi semplicemente eccezionale, uno dei rari momenti dedicati all’orrore visivo anche se, per gli agofobici come il sottoscritto, il prelievo del sangue mostratoci senza ritegno resta uno dei momenti di maggior difficoltà. Il tutto viene accompagnato da una colonna sonora assolutamente strepitosa che in più di un’occasione diventa incalzante e martellante come poche (vedi sequenza della fuga in ascensore).


E poi c’è lei, Mia Farrow, semplicemente splendida sin dalla sua prima comparsa, e avvolta in quel candido bianco che tutto lascia supporre, tranne quello che poi succederà. Una prestazione memorabile che resta impressa a lungo, dal momento che lo spettatore soffrirà al suo fianco, e tenterà di porgerle una mano nel momento più buio in cui, magrerrima e con gli occhi scavati, sembrerà quasi chiedere aiuto a chi sta dietro lo schermo, vista l’impossibilità di fidarsi di chiunque altro. A farle da eccezionale spalla ecco Ruth Gordon, non a caso premio Oscar e Golden Globe che, non me ne vogliano i rispettivi coniugi (bravi pure loro), fa segnare una netta vittoria femminile in quanto a prestazione globale.

Due ore abbondanti insomma, che però non diventano mai pesanti, sino a quell’ottimo finale, con tanto di culla nera che difficilmente si dimentica e seguenti imprecazioni contro Polanski che più volte avvicina la camera tentando di soddisfare la curiosità di chi guarda, senza però tuttavia cadere mai in quella tentazione che, qualora si fosse esagerato, avrebbe stonato con tutto il contesto.

Qui il film

Capolavoro da riscoprire.

Enjoy,


Trailer



Lasciate un commento, oh voi che leggete...
Per non perdervi neanche una recensione, seguiteci qui 😉:

     

Nessun commento:

Posta un commento