Bloodbath at the House of Death: La Recensione del Film



Regia: Ray Cameron


Che fai quando trovi un titolo simile nel catalogo Netflix, dove campeggia il volto ieratico di Vincent Price? Ovvio, schiacci play e lo guardi! Alla faccia di tutti gli algoritmi di compatibilità!

Dev’esserci qualche scheggia impazzita sulla piattaforma, visto che ultimamente stanno proponendo titoli (s)cult, tra cui questo Bloodbath, che gustiamo pure in lingua originale coi sottotitoli.

Prologo di giovedì 12: a Villa Lapide (Headstone Manor) un gruppo di satanisti incappucciati entrano e accoppano tutti gli ospiti: la parodia svaccata di Venerdì 13 è servita (e fa pure sorridere gli aficionados).


Pochi anni dopo, un’equipe di scienziati tra cui spicca Kenny Everett – comico e disk-jockey in auge all’epoca e personaggio decisamente particolare -, si recano a villa lapide. Già Kenny è un personaggio particolare, tanto per dirne una: quando lavorava per Radio BBC, ebbe in anteprima il nastro di Bohemian Rhapsody dei Queen, promettendo di non trasmetterlo prima del tempo. Ebbene, quel week-end bombardò gli ascoltatori col brano. Spero che la band gli abbia almeno dato una percentuale! Tornando al film, l’equipe si stabilisce a Villa Lapide per studiare delle fantomatiche emissioni di radiazioni sopra la media. Inutile dire che dovranno vedersela con i satanisti e tante altre amenità, una più demenziale dell’altra.


Bloodbath è l’equivalente anni ‘80 dei moderni (ormai datati) Scary Movie. Scrivi commedia, ma leggi boiata, mettici qualche divo o cariatide del momento, prendi i classici dell’horror della stagione, mettili nel tritatutto e servili in salsa demenziale. In questo caso, il già citato Venerdì 13, gli slasher in voga, Un Lupo Mannaro Americano a Londra per la scena del pub coi villici diffidenti, ma anche un occhio agli horror inglesi anni ’70. Non c’è da prendere nulla sul serio, però il fatto di essere una produzione inglese gli dà un humour più beffardo e sottile – almeno in qualche punto, -, che non svacca nelle trovate trash delle controparti USA.


Personalmente ho gradito, solo per il gusto di vedere dove andava a parare e farmi qualche sghignazzo da boomer.

Vincent Price – accreditato come Sinister Man – compare in tre scene ed è il capo dei satanisti che declama le sue battute col solito sogghigno sornione, che probabilmente ha sfoggiato anche quando ha incassato l’assegno, col savoir-faire di chi può permettersi un gettone presenza. Proprio come due anni prima, nell’82, che aveva prestato la sua voce e la sua risata diabolica per una canzone pop. Arrivato alla cassa, gli fu chiesto se volesse duecento dollari subito o una percentuale sulle vendite future del disco. Lui scelse la prima, era famoso e non aveva bisogno di soldi; il disco era Thriller, di Michael Jackson.

Buona visione,


Trailer



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