Run: La Recensione del Film



Regia: Aneesh Chaganty 


Tra i vari ritardatari nelle uscite a causa della pandemia Covid, c’era pure Run, film del 2020 diretto da Aneesh Chaganty, già regista del discreto Searching, che aveva offerto buoni spunti e che, come giudizio complessivo, si può dire che pareggia il risultato ottenuto in questa pellicola (anche se in realtà si dovrebbe dire il contrario).

La curiosità era molta, sia per alcuni giudizi letti, sia per la trama e, tra le altre cose, anche per la presenza di quella Sarah Paulson che ultimamente ho imparato ad apprezzare molto (vedasi Ratched per esempio) e che già con la sua presenza sembrava mettere un marchio di qualità piuttosto significativo.

Qui ci troviamo di fronte ad una madre (Paulson per l’appunto) che si impegna a crescere la propria figlia secondo i suoi metodi apparentemente premurosi (viste le difficoltà di salute di quest’ultima), ma che col passare del tempo lasceranno molti dubbi e apriranno scenari inquietanti sul loro rapporto.


L’angoscia che si viene a creare sin dal principio è interessante, soprattutto per la situazione di difficoltà in cui verte la giovane Chloe, e viene resa piuttosto bene grazie anche ai tentativi di scoprire l’origine dei suoi disturbi. Molto suggestive, a tal proposito, risultano la scena in cui si fa luce sulla vera natura di quelle simpatiche pillole verdi e bianche e la parte in cui la ragazza riesce a far tornare a galla sul suo passato e sul come si è trovata a vivere ciò che sta passando.


La buona resa della pellicola viene garantita dalla prestazione del cast, che di fatto si riduce per larga parte alle due protagoniste. Di Sarah Paulson già ho accennato precedentemente, e confermo assolutamente che le attese su di lei sono state confermate senza riserva alcuna. Tra l’altro il personaggio entro cui è dovuta entrare non era per nulla semplice e la resa è stata notevole, in virtù dell’abilità di destreggiarsi agevolmente tra la parte della stronza aguzzina e quella della iperprotettiva genitrice. Ma la grande sorpresa viene da Kiera Allen, qui al suo esordio e bravissima nel calarsi nel ruolo assegnatole. Un ruolo che, vista la reale disabilità dell’attrice, mi ha ricordato quanto visto in A Quiet Place II con la non udente Millicent Simmonds, entrambe davvero capaci di regalare una prestazione degna di nota.


Il tema dell’ossessione delle madri per i figli, talmente spinta da portarle a compiere gesti non esattamente raccomandabili, non è poi così originale, dal momento che in più di un’occasione l’argomento è apparso nella cinematografia di riferimento, ma in questo caso vengono inseriti alcuni elementi interessanti (vedasi per esempio il discorso pillole, per altro poi ripreso) che lo rendono particolarmente apprezzabile.

Quello che però penalizza il lavoro, sono una serie di forzature che francamente faticano un po’ a stare in piedi, soprattutto legate ad azioni compiute dai protagonisti che a volte vanno ben oltre le reali potenzialità, in aggiunta ad una facilità di reperire indizi che onestamente appare fin troppo semplice per come stanno le cose.


Lo sviluppo della vicenda appare inoltre un po’ troppo frettoloso per quanto mi riguarda, con un approfondimento non troppo marcato, che invece in realtà sarebbe stato ben accetto. Certo, alla fine si è voluto forse privilegiare l’intrattenimento, e in questo la mission è stata completata, ma indubbiamente il giudizio ne risente lievemente.

Detto ciò comunque, il film dura poco, si lascia guardare con interesse e gode di un finale che piace, anche in virtù di quell’ultimo sguardo di una Paulson irriconoscibile, che per un po’ resta impresso.

Giudizio complessivo: 6.8

Enjoy,


Trailer



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