The Belko Experiment


Regia: Greg McLean

Già da un po’ cominciavano a girare immagini e recensioni di questo film, che oggettivamente mi intrigava parecchio, anche in virtù dei due personaggi che ci stavano dietro, Greg McLean alla regia e James Gunn (sceneggiatura e produzione).

Ora, per i più distratti, ricordo brevemente che McLean è stato il regista del pregevole Wolf Creek (e pure di Rogue, quello con il coccodrillone famelico), mentre Gunn aveva già scritto per la Troma perle del calibro di Terror Firmer e Tromeo And Juliet; era pertanto lecito attendersi qualcosa di più da questo The Belko Experiment, che alla fine raggiunge una sufficienza stiracchiata, ma proprio perché mi sento magnanimo.

Ed è un peccato, perché tutti i presupposti per fare molto bene c’erano, il palazzone Belko incuteva già timore alla prima vista, la presentazione coi titoli di testa e la cover ispanica di "I Will Survive" ci stava e l’inizio di quello che aveva tutta l’aria di non essere un semplice scherzo o un’esercitazione di emergenza offriva uno spunto davvero interessante, che avrebbe potuto essere sviluppato in più modi diversi (io chiaramente avrei puntato su uno splatter iper demenziale) e, probabilmente, quasi sempre con maggiore successo.


Vabbè non sarà nulla di così originale, perché in fin dei conti ormai si è gia visto un po’ di tutto, tra i vari Saw, Cube, Human Race (mi sono sempre piaciute le teste fatte saltare dall’interno) e altri suoi simili che ora non mi sovvengono, ma l’idea di giocare, oltre che con la mente delle persone, con i rapporti tra colleghi di lavoro in circostanze a dir poco estreme, era molto appezzabile.

Le scene iniziali del gioco erano poi piuttosto convincenti, con uno splatter appena accennato, ma che indirizzava il film verso un grado di cattiveria elevato che, tutto sommato, si mantiene abbastanza bene fino alla fine, anche se poi, in fin dei conti, la sensazione che si potesse (anzi dovesse) spingere decisamente di più sulla componente gore (senza necessariamente cadere nel ridicolo involontario o nel grottesco voluto) rimane, dal momento che, tolta quella, si sarebbero dovuti esplorare altri aspetti della vicenda, dei quali invece resta solo una traccia sbiadita.


E mi riferisco in primis ai personaggi (inteso proprio come scelta degli attori e loro recitazione), e in secundis all’interazione che si viene a creare tra di essi, due fattori che avrebbero potuto garantire grande successo alla pellicola. Basti pensare a quanto accaduto in Stoic dove, con quattro mura e quattro persone Uwe Boll ha tirato fuori il proverbiale coniglio dal cilindro, puntando tutto su ciò che ho appena detto.

Qui ovviamente tali aspetti restano in secondo piano, sebbene alcuni personaggi, almeno durante la presentazione, sembravano poter offrire molto (e mi riferisco sia al mitico Dott. Cox di Scrubs, tale John C. McGinley, che al Merl di The Walking Dead, interpretato da quel Michael Rooker che nella zombica serie tv aveva mostrato di essere portato per ruoli simili a quello designato dalla ditta Gunn-McLean). Ma nel complesso la prestazione recitativa appare piuttosto piatta e monoespressiva, soprattutto in quelli che dovevano essere i personaggi principali (John Gallagher Jr e Tony Goldwyn).


Analogo discorso vale per come si sviluppa il gioco, quando le alleanze cominciano a prendere il sopravvento e quando le reazioni di chi ormai si sente in trappola dovrebbero manifestarsi in tutta la loro cattiveria, mostrando (almeno quello sembrava essere l’obiettivo) il peggio dell’essere umano. Ma quello che ci rimane di questa fase è solo tanta noia e confusione, anche a seguito di una scarsa esplorazione della vita dei personaggi, che non consente neppure di potersi schierare liberamente con l’uno e con l’atro. Certo la facile strategia di dipingere i boss come cattivi e gli umili lavoratori come bravi non convince per semplicità e banalità e inoltre consente di capire già con largo anticipo chi avrebbe potuto vincere la sfida.


Il finale però non mi è dispiaciuto, sia per quanto riguarda il pre-finale dentro al bunker (sì vabbè è un po’ forzato, ma ci sta), sia per quell’ultima immagine che, in un certo senso, mi ha ricordato quella del finale di The Invitation.

Nel complesso, considerate pure le scarse spiegazioni su come sia nato il tutto (vedremo mica dei sequel?), resta solo un discreto intrattenimento, che tuttavia mi impedisce di consigliare la visione senza riserve.

Giudizio complessivo: 6
Enjoy,





Trailer


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