The Beatles - Get Back: La Recensione della Serie TV



Regia: Peter Jackson

Ecco un prodotto per cui vale la pena fare l’abbonamento con Disney+ e poi disdirlo subito dopo: The Beatles: Get Back, l’atteso documentario di sette ore e mezza, spalmate in tre parti che racconta delle famigerate sessions di registrazione di Get Back a gennaio 1969, dove i Fab Four litigano, scazzano e poi finiscono a suonare sul tetto del loro studio. 

Quello che è poi diventato Let It Be, l’ultimo e stanco ellepì del gruppo uscito nel maggio 1970, a band ormai sciolta e del relativo film di 80 minuti che faceva da mesta pietra tombale al tutto, e che il Paul McCartney (da adesso, il Macca) ha sempre cercato di occultare, opponendosi a qualsiasi riedizione.

Dopo 50 anni, il nostro Macca ha finalmente fatto pace con questo momento doloroso della sua carriera e assieme a Ringo Starr e alle vedove Lennon e Harrison, ha dato mandato al regista Peter Jackson di assemblare un documentario che metta in bella copia Let it be, e che mostri una band che si divertiva ancora a suonare e scherzare. Insomma, il primo reality della storia, una videocronaca minuto per minuto.


Così Jackson ha recuperato tutte le 60 ore di filmato e centocinquanta di audio – cimici in sala mensa comprese – e ha confezionato un film di due ore e mezza che a causa della pandemia è stato posticipato al 2021 ed esteso in tre parti. Ormai spezzettare per tre è una cifra stilista del regista, ma va detto che per un materiale mastodontico come questo, ha fatto bene, portando alla luce un tesoro fatto di molte scene inedite e bramato da qualsiasi collezionista dei Beatles.

Premessa: nel 1966 i Beatles, stufi della Beatlemania smettono di suonare dal vivo dedicandosi alla registrazione in studio, sperimentando e giocando. Nel 1967 il loro manager e mentore Brian Epstein muore, lasciando il gruppo senza guida; è qui che il Macca prende in mano le redini del gruppo. Nel 1968, dopo un soggiorno di meditazione in India e l’uscita del White Album (e dei primi segnali di crisi), i Quattro si ritrovano in tv a suonare Hey Jude alla presenza di un pubblico scelto. L’entusiasmo delle persone scatena quello del gruppo, così il Macca, propone e dispone un nuovo progetto: filmare i Beatles mentre provano nuovo materiale in studio per poi eseguire i pezzi dal vivo e tornare alle origini, - Get Back, appunto - solo strumenti e niente trucchi. Ci si vede dopo Capodanno, belli carichi, mi raccomando.


Get Back racconta proprio questo: il mese di gennaio 1969 e il fallimento del progetto. Un mese che a loro sarà sembrato un anno, perché il tempo nella carriera Beatles scorre in modo esponenziale: sette anni della loro parabola, equivalgono a venti di una normale rock band.

Pronti? One, two, three, four!

Parte 1: Con l’ausilio di un calendario che viene crocettato giorno per giorno, assistiamo alle prime due settimane dei Beatles ai Twickenham Studios, il posto più sbagliato dove potessero andare: freddi, asettici e impersonali, dove gli stessi Beatles sono a disagio, fra il Macca che fa il boss, Lennon svagato e perso nei flirt fra Yoko Ono e l’eroina, un George Harrison ostile e Ringo che da par suo suona, fuma e fa le facce tristi; cioè quello che fa normalmente quando non suona la batteria. Mentre l’entourage preme affinché vadano a fare il concerto finale nell’anfiteatro di Sabrata, in Tunisia, George con un cliffhanger lascia il gruppo. Ci si vede in giro, belli.

Parte 2: Si mitiga con George e si sceglie un posto più caldo e raccolto, gli Apple Studios in Savile Row: L’atmosfera migliora e con l’arrivo di Billy Preston, organista e amico di veccia data a prendere le parti di organo, il progetto sembra decollare, anche se le canzoni latitano e il calendario corre…

Parte 3: La scadenza si avvicina, i Beatles + Billy provano e riprovano il poco materiale che hanno (o che riescono a ripassare). Nasce l’idea di suonare sul tetto della Apple, dato che gli altri scenari per il concerto tramontano uno via l’altro: dunque l’appuntamento con la storia è il 30 gennaio, con il concerto sul tetto integrale.


Get Back è un’esperienza intensa, piena di momenti memorabili che non vi elencherò per non rovinarvi la sorpresa. Molta musica e tanti cazzeggi musicali, - che da musicista ho apprezzato e ritrovato nei miei gruppi. Riscrittura del Mito Beatles? Sicuramente c’è la voglia di stemperare certi dettagli sgradevoli, mostrando una band che nei momenti di buona si divertiva e scherzava, - in particolare John & Paul - e dove la musica e la magia che scaturivano dai loro accordi funzionava ancora. 

In fondo il malloppo finale è frutto di scelte fatte da Jackson, col consenso del Macca e nessun montaggio può comunque togliere l’alone di freddo e l’aria pesante, specie a Twickenham. Semmai capiamo meglio perché il progetto è naufragato: troppa fretta di ripartire, idee confuse sulla direzione da prendere, paradossalmente dallo stesso Boss Macca, che spesso becchiamo a mordicchiarsi le unghie, mentre le crepe si aprono nel gruppo –, e molti altri aneddoti. 

Il piatto forte comunque è il concerto sul tetto, proposto integralmente e che con lo split screen permette di vedere l’esibizione del gruppo assieme e quello che accade di sotto, tra interviste ai passanti e l’imbarazzo tutto british dei poliziotti che vanno a chiedere all’entourage di spegnere gli amplificatori e finiscono sottilmente presi per culo. Lo stesso Macca lancia loro una frecciatina mentre conclude la canzone Get Back cantando: “Torna Loretta, sei stata sui tetti a suonare e alla mamma non piace. Ti farà arrestare.

Get Back, dunque. Un ritorno alle origini, dopo cinquant’anni di silenzio e tanti bootlegs. Peccato che a John, Paul, George e Ringo non fosse permesso di voltarsi indietro, ma solo di guardare avanti sulle strisce di Abbey Road per l’ultimo album insieme. Poi, ognuno per sé e il Mito per tutti.

Buona visione.



Trailer



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