Il Potere Del Cane: La Recensione del Film



Regia: Jane Campion


Trama


Montana, 1925. I fratelli Burbanks, Phil e George, mandano avanti insieme il grande ranch di famiglia, ma hanno un carattere opposto: George sensibile e desideroso di una famiglia, Phil un bullo omofobo.

Quando George prende in sposa la giovane vedova Rose e la porta al ranch, Phil prende di mira la donna e suo figlio Peter e non smette di tormentarli.


Recensione


L’ultimo film di Jane Campion è una pellicola western, almeno nell’ambientazione delle sconfinate praterie, un po’ meno nei contenuti, una vicenda umana incentrata su quattro personaggi principali, sui loro difficili rapporti e le loro lotte personali.

I primi due sono i fratelli BurbanksPhil George: il primo (un bravissimo Benedict Cumberbatch) intollerante, maleducato, competitivo, omofobo e maschilista, che vive la vita “tradizionale” del cowboy, immedesimato in un ruolo sociale prestabilito e identificato con le caratteristiche del vecchio mandriano Bronco Henry, un mitologico ‘vero uomo del west‘, di cui Phil segue fieramente le orme. Suo fratello, al contrario, pulito, sensibile ed educato, è più interessato a cercar moglie e intrecciare relazioni sociali con la classe borghese locale.

Phil non comprende George e ancor meno la donna che sposa e porta a casa: la dolce Vedova Rose, col figlio Peter.


La dinamica che si instaura nel nuovo nucleo familiare è di natura tragica: Phil non tollera la presenza dei due inquilini, non li considera degni di stare sotto il suo tetto. Rose perché è una donna, e in quanto tale la considera per natura inferiore, inaffidabile e interessata alle ricchezze della famiglia; Peter, invece, perché è un ragazzo non conforme agli standard fisici e caratteriali richiesti dal tempo in cui vive: esile, studioso, sensibile, lontano dal prototipo del vero uomo, rude, forte e non incline alla gentilezza.

Phil vede nel rapporto tra Rose e Peter, fatto di comprensione e accettazione delle inclinazioni naturali, non piegate ai diktat imposti dalla rude società agricola del luogo e del periodo, una minaccia al suo mondo, fatto di modelli prestabiliti autoimposti, che crede di dover rispettare e che impone anche a chi gli sta intorno, pena la derisione, il sarcasmo e quella pressione psicologica che imporrà ai due malcapitati.


E se da una parte la debole Rose sarà incapace di reagire alla sofferenza imposto da Phil, cadendo nel baratro dell’alcolismo, dall’altra il figlio, solo apparentemente debole e fragile, userà la sua intelligenza, il suo autocontrollo per risolvere la situazione.

Il finale mi ha letteralmente scioccata: arriva improvviso e silenzioso, senza che lo spettatore se ne accorga, rivelatore dei sentimenti maturati nei personaggi da questa situazione di contrasto, mai mostrati però così apertamente.

La liberazione dal giogo arriva silenziosa, subdola, casuale, senza scalpore, seguendo lo stesso ritmo del film, fatto di silenzi, brevi dialoghi, sguardi intensi e maestosi paesaggi.

Buona visione,


Trailer



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