Cane di Paglia: La Recensione del Film



Regia: Sam Packinpah


Sono stato travolto. Vari mesi fa eh, ma ancora ne sento gli strascichi.

Cane di Paglia è la prima opera di Bloody Sam che mi sono visto. Ed è uno di quei film. Uno di quei film il cui impatto è stato così forte, da farmi consumare in seduta stante, QUALSIASI roba con scritto “DIRETTO DA SAM PECKINPAH” sopra.

E nonostante la totale e ancora impareggiabile perfezione de Il Mucchio Selvaggio, e la bellezza di Pat Garrett & Billy the Kid & Bob Dylan, Straw Dogs rimane ineguagliato nel suo potere che ha avuto su di me, e il perché mi è alquanto chiaro.


Tutto il cinema di Peckinpah, come ho avuto modo di imparare e constatare, non si distanzia mai da Cane di Paglia. Invece, è proprio Straw Dogs a essere l’estremizzazione, anzi direi quasi una valvola di sfogo, all’interno della sua filmografia.

Filmografia di Sam Peckinpah che insiste sempre o quasi sempre sulla violenza grafica come mezzo per veicolare una visione nichilista dell’uomo, e del mondo puramente maschilista e misogino intorno a lui.


Naturalmente, tutto ciò si riflette anche sui suoi personaggi, molto spesso ritratti come burberi, ostili e violenti. Violenza che non manca di diventare sessuale, come in Ride the High Country per esempio, quando una figura femminile è presente.

Eppure c’è sempre un confine. Un limite autoimposto che non viene superato.

È solo in Straw Dogs che la violenza sessuale si compie sul serio. E se non fosse stato scritto e diretto da Sam Peckinpah, Cane di Paglia sarebbe facilmente diventato una classica storia di rape & revenge.

Ma non è così.


Peckinpah elimina ogni restrizione. Straw Dogs è nero pece, l’abisso, l’estremo. Ogni personaggio maschile, protagonista compreso, è uguale all’altro. Ognuno di loro reprime un odio, una rabbia, una indole violenta fuori dal comune, che qualcuno cerca di nascondere sotto una parvenza di cultura.

In teoria, potremmo essere dalle parti di Von Trier o Greenaway, in realtà no. Il male che si rivela dal nulla in maniera quasi caricaturale, non è contemplato da Peckinpah.

Il fra Sam mette già dalle prime battute, persino dai bambini che giocano in un cimitero nei titoli di testa se vogliamo, bene in chiaro quale sia la natura dei suoi personaggi. E basta soltanto un occasione, una scusa, perché tutto si riveli. Ma è sempre stato lì.

Capolavoro per me, senza problemi, non me ne frega un cazzo.

Buona visione,


Trailer



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