Shutter (2004): La Recensione del Film



Regia: Banjong Pisanthanakun


Diciamocelo francamente, quando vuole, il cinema horror orientale spacca dibbrutto. E Shutter, film thailandese del 2004 diretto dall’impronunciabile Banjong Pisanthanakun ne è un chiaro esempio.

Che a pensarci poi, così su due piedi, non mi vengono in mente molti altri esponenti del genere degni di nota provenienti da quella terra (sicuro me ne starò scordando milioni), per cui credo che questa pellicola meriti di essere segnalata e raccomandata.

Brevemente la trama. Due fidanzati, mezzi sbronzi dopo una festa da amici, stanno tornando a casa in macchina quando improvvisamente investono una ragazza. Impanicati dalla situazione fuggono via, ma da quel momento inizieranno a succedere robe strane. No, non ci saranno bigliettini con su scritto “So cosa hai fatto”, ma fidatevi che qualcuno alla fine si pentirà lo stesso delle sue azioni.


È chiaro che il riferimento al film I Know What You Did Last Summer è immediato per chi mastica un po’ di horror, e pure le fotografie deformate non possono non farci tornare alla mente il Ringu di Nakata. Così come la questione dello spiritello inquieto e dispettoso potrebbe rimandare a decine di altre pellicole. Ma prendendo spunto da questi lavori precedenti, Shutter riesce comunque a ritagliarsi il suo spazio, regalando buoni spunti e un intrattenimento costante. D’altronde, quello che diceva che copiare da uno è plagio, copiare da molti è ricerca, forse tutti i torti non li aveva.


Partendo da quell’investimento, Banjong riesce quindi a creare un horror che ha tutto il diritto di appartenenza a questo genere, perché di fatto la componente jumpscaristica è spinta quasi al massimo. Se non stai attento, quella dannata ti appare perfino nella birra che stai bevendo ma, grazie ad una tecnica stilistica pregevole e ad un sonoro che spinge ma non esagera, l’eccessivo utilizzo del bubusettete non disturba più di tanto ed anzi, se come me credete che in film di questo tipo debba essere una delle componenti fondamentali, credo che rimarrete soddisfatti. Da sto punto di vista gli orientali sono avanti e consiglio al dannato Chaves di prendere appunti prima di propinarci un’altra nefandezza stile ultimo Conjuring.

Il trucco della ragazza non esattamente viva è fatto tra l’altro piuttosto bene, e Achita Sikamana se la cava egregiamente nei panni della tormentata Natre. In aggiunta alla buona prestazione della suddetta, il film conta anche alcune scene decisamente pregevoli, come quella dell’incubo iniziale nella vasca da bagno o quando sta maledetta gira la testa nelle fotografie in cui si è intrufolata senza che fosse richiesta la sua presenza.


I due ragazzi, seppur non indimenticabili, reggono bene la parte, sfruttando anche la scelta felice di non inserire troppi personaggi dal momento che, nei film orientali, spesso si finisce col confondersi vista la somiglianza di molti attori presenti in scena.

La sceneggiatura regge più che dignitosamente, senza buchi rilevanti, e poi arriva quel fantastico finale, con quell’immagine inquietante e poetica allo stesso tempo, che difficilmente la si scorda in tempi brevi. Tra l’altro va rimarcato che le foto mostrate ad un certo punto, con presunte interferenze spiritiche, sono reali, ad aggiungere quel pizzico di inquietudine in più.

Per la cronaca, qualche anno dopo è uscito il solito remake americano, che non ho visto, non vedrò e di cui non parlerò. Per cui godetevi questo che, pur non risultando forse così originale, riuscirà a colpire nel segno.

Giudizio complessivo: 7.5

Enjoy,


Trailer



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