The Dropout: La Recensione della Serie TV



Ideatore: Elizabeth Meriwether


Trama


Basata sulla reale storia di Elizabeth Holmes, una giovanissima universitaria che, a soli 19 anni, nel 2003, fondò un'azienda: Theranos. 

La startup, che prometteva di rivoluzionare il mondo della medicina, nasceva con lo scopo di fornire una nuova tecnologia in grado di diagnosticare qualsiasi malattia attraverso una sola goccia di sangue. Il progetto fece così tanta gola agli investitori da far diventare la Holmes la "più giovane miliardaria d'America".


Recensione


In questi ultimi anni il mondo seriale è sempre più interessato al true crime e al giornalismo d'inchiesta, che svela imbrogli e frodi da milioni di dollari: lo scorso anno Hulu distribuiva Dopesick (in Italia su Disney+), pochi mesi prima Peacock lanciava la miniserie Dr. Death (in Italia grazie a Starz Play). The Dropout è l'ultima fatica seriale che ci porta in un passato recente per mostrarci qualcosa di estremamente contemporaneo.

Siamo nel 2003 e l’influenza del pensiero di Steve Jobs è palpabile: tutti ambiscono all’idea geniale che rivoluzionerà il mondo e il percorso di Elizabeth Holmes viene proposto proprio come l'ascesa di un genio, una nuova Steve Jobs, dai suoi primi passi fino a quando decide di rompere gli schemi per perseguire il proprio desiderio di eccellere.


E’ il racconto del “nuovo sogno americano” che consiste nella totale realizzazione di se stessi, del successo personale, dove l’errore è inammissibile. Per la Holmes l’errore non esiste, viene nascosto dalla sua mente, per arrivare ad essere ciò che vorrebbe ma che non è. Senza mettersi a confronto, senza un dubbio e, soprattutto, senza prove scientifiche, la storia non è più quella dell’ascesa di un genio, di una mente visionaria, ma piuttosto di una persona capace di promettere molto e di realizzare ben poco oltre alla promozione di se stessa. La totale assenza di metodi e di confronto è il principale strumento utilizzato dalla Holmes per porsi con chi si contrappone a lei, una operazione di marketing andata avanti per dieci anni, per vendere un’idea rivoluzionaria che esisteva nella sua mente, ma che nella pratica non ha mai raggiunto la tecnologia necessaria per attuarla.


La costruzione narrativa segue il percorso di ascesa e conseguente declino, che procede sia sul piano professionale che morale, con una Amanda Seyfried molto brava a dare volto a questa ossessione e al suo “auto-inganno”, costantemente presente nella psicologia del personaggio.

Una storia interessante che però, a mio avviso, procede un po’ lentamente, risultando a tratti ripetitiva e in cui la costruzione manca un po’ di quel lato emozionale che solo nel racconto di alcuni personaggi secondari viene fuori.

Giudizio complessivo: 7

Buona visione,



Trailer



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