Psycho: La Recensione del Film



Regia: Alfred Hitchcock


“RIMORSO”


Alfred Hitchcock non ha assolutamente bisogno di alcuna presentazione, poiché la sua filmografia parla per lui. È stato capace di appropriarsi un genere cinematografico e diventarne il re.

Psyco arriva nel momento migliore della sua carriera, una fase durante la quale presenterà alcuni dei suoi titoli più celebri, come La Donna Che Visse Due Volte (1958) e Gli Uccelli (1963). Hitchcock si ritrova da solo nella produzione di questo film, tant’è che una buona fetta dei soldi sborsati per questo film vengono proprio dalle sue tasche.

La trama di Psyco è ben nota a tutti, si tratta di un thriller con protagonista Marion Crane (interpretata da Janet Leigh) che fugge dal proprio posto di lavoro con una borsa piena di soldi. Nell’introduzione del personaggio di Marion, Hitchcock impiega un buon minutaggio atto ad approfondire il carattere di una donna in pericolo ed in costante paranoia.


Anthony Perkins ritrova in Psyco quello che in gergo è chiamato il “ruolo della vita”, ovvero un incarico per cui verrà ricordato in eterno. D’altronde, il personaggio di Norman Bates, proprietario del Bates Motel ha una personalità enigmatica. Hitchcock lo presenta come una persona con evidenti problemi ma, a quanto ci è dato vedere all’inizio della pellicola, il ragazzo soffre molto il dissidio con la propria madre.

Per fare una corretta analisi di Psyco devo per forza scendere nei dettagli e prendere in considerazione alcune scene in particolare, perciò, se ancora non avete visto il film, non proseguite nella lettura di questa recensione.


DA QUI ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER.



Il regista opta per una scelta anomala per l’epoca, ovvero quella di far perire quella che sembra essere la protagonista del film e, in una scena diventata celeberrima, lo spettatore rimane attonito. Non solo risulta difficile, se non impossibile, prevedere una tale mossa, ma la violenza espressa da quelle immagini, dove la telecamera oscilla tra un primo piano della vittima sofferente e il folle omicida, crea un certo disagio nello spettatore che viene colto di sorpresa.

Una scena tanto iconica, con un montaggio clamoroso, non sarebbe stata la stessa senza una colonna sonora geniale di Bernard Herrmann. Lo stridente suono dei violini graffia l’udito dello spettatore e rappresenta le stesse pugnalate che l’omicida sferra alla vittima. Gli archi vanno sempre più in crescendo sovrapponendo una voce ad un’altra ed enfatizzando sempre di più l’atto folle che l’antagonista sta compiendo. Altrettanto laborioso è il lavoro svolto per i titoli di testa. Già in Vertigo, Hitchcock aveva dato prova della propria immaginazione nella realizzazione di un’introduzione al film effettivamente geniale ma, la ciliegina sulla torta, in entrambi i film, è il tema musicale di Bernard Herrmann che prepara lo spettatore ad entrare nel mood.


Dal punto di vista tecnico viene esibito il significato di perfezione in questa pellicola. La fotografia (in bianco e nero per censurare il sangue) risalta il lavoro del regista e riesce a catturare nel migliore dei modi le espressioni dei due interpreti principali. Ci sono diverse scene diventate iconiche, dal già citato “omicidio nella doccia”, al “monologo interiore” della protagonista mentre guida e si rende conto di ciò che sta facendo mentre l’ossessione la assale.

Veniamo alla parola che ho scelto per analizzare Psyco… “rimorso”….Proprio questa parola, o meglio, questo sentimento, anima le azioni di Norman Bates che, colto dal rimorso di aver ucciso la madre, non riesce a staccarsi da lei. La sua inettitudine gli impedisce di vivere con la propria coscienza, perciò, decide di prendere le sembianze della madre affinché possa farla rivivere per non crollare nella disperazione. Proprio questo rimorso gioca un doppio ruolo per l’antagonista del film che, nei momenti di rabbia e isteria prende le sembianze della madre, mentre quando ritorna in sé si rende conto del disastro commesso dalla parte cattiva (ovvero la madre) e si dispera. Ciò che è interessante in questo personaggio è che, con il tempo, egli si è veramente convinto che la madre sia ancora viva, tanto da esser riuscito ad imitare perfettamente la sua voce. Quando Norman Bates prende le sembianze della madre, Norman non esiste più: la parte cattiva viene trasferita alla madre.


Riprendo una parte dello straordinario monologo finale di Bates: “Ora lo rinchiuderanno come avrei dovuto fare io quando era bambino, è sempre stato cattivo”…ecco, proprio questa frase ci fa capire quanto, nella sua follia, Norman Bates sia in buona fede: nonostante sia sempre lui a calarsi nei panni della madre, quando lo fa perde la sua coscienza e ne assume una completamente diversa, tanto diversa da essere capace di condannarlo con le sue stesse parole.

Chiudo con un pensiero sul volto finale di Norman Bates, così profondo e capace di penetrare lo spettatore; un volto che, a tratti, è sovrapposto al teschio della madre, proprio perché quel teschio e quella coscienza sono desinati a stare assieme a lui per sempre.

Psyco è la storia di come il rimorso possa divorare una mente già malata, una consapevolezza tormentata che non dà pace all’anima.

Buona visione,



Trailer



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