Pearl (2022): La Recensione del Film



Regia: Ti West


Con l’uscita di X: A Sexy Horror Story, Ti West è riuscito a garantirsi la pagnotta per almeno qualche anno, visto l’intreccio di personaggi a cui ha dato origine.

Ed infatti, una volta terminata la visione del suddetto film, l’interesse che si veniva a creare per le figure della tormentata Pearl e della sbarazzina Maxine, lasciava senz’altro supporre che con loro due non sarebbe finita lì.

Se per la seconda dobbiamo pazientare ancora un po’, visto che MaXXXine, il sequel diretto di X, sembra essere or ora in produzione, per la prima non ci resta che godere di Pearl, il prequel uscito non da molto negli USA e che arriva soltanto pochi mesi dopo l’uscita della pellicola che l’ha introdotta.

Brevemente la trama. Pearl è una giovane ragazza che vive ai tempi della Prima guerra Mondiale. Il suo sogno è quello di danzare, mentre la realtà la intrappola all’interno della fattoria di famiglia dove l’austerità della madre e l’infermità del padre la renderanno decisamente instabile, con tutte le conseguenze del caso.


Al comando c’è sempre Ti West, mentre a rendergli più agevole il successo ecco di nuovo Mia Goth, questa volta alle prese con un solo personaggio, ma che basta e avanza per renderla protagonista assoluta con pieno merito. È chiaro quindi che l’assioma squadra che vince non si cambia va sempre rispettato, ed in questo caso mostra un’affinità tra i due che ormai lo definirei una garanzia di successo.

Pearl si mostra fin da subito un personaggio complesso, affranto da un’inquietudine che si legge in volto sin dalle prime battute. Se infatti ci vuol poco a capire quanto desideri esibirsi davanti ad un pubblico (anche se in un primo tempo composto esclusivamente dagli animali della stalla), ci vuole altrettanto poco per accorgersi degli enormi problemi che albergano in lei (povero Mr.Papero 😥).

Mia Goth è assolutamente strepitosa, ancora meglio del film precedente ed è assolutamente protagonista indiscussa dato che tutto il film è costruito su di lei. È incredibile come riesca a fare tenerezza e ad incutere timore nello stesso tempo, risultando perfino sexy nel momento in cui si limona uno spaventapasseri. Il meglio però lo offre nei momenti in cui sbrocca totalmente, come quando urla al proiezionista o si sfoga contro la madre poco prima di mostrale il calore che si merita. D’altronde se a 20 anni ti ritrovi sul set di un film come Nymphomaniac, in un ruolo come quello di L e diretta da quel folle di Von Trier, vuol dire che la stoffa c’è.


A fare da accompagnamento ai suoi assoli, ecco l’ottima Tandi Wright, nei panni della severissima madre. Un’attrice che non avevo mai avuto modo di “conoscere”, ma che offre una prestazione decisamente convincente, con uno sfogo, durante la lite in cucina, che non la fa per nulla sfigurare di fronte alle bizze della Goth. Lo stesso Matthew Sunderland, pur non spiaccicando parola, rende molto bene giustizia al padre infermo, andando a completare un quadretto familiare assolutamente lieto e tranquillo.


Il film si sviluppa prevalentemente come un drammone incentrato sulla figura della giovane, sacrificando la parte slasher/horrorifica per gran parte dello svolgimento (ci vuole quasi un’ora per vedere il primo cadavere). Ma attenzione non ne voglio fare una colpa, nonostante io sia spesso eccitato dall’esubero di globuli rossi, perché comunque tutta la lunga parte introduttiva serve a creare il personaggio di Pearl con tutte le sfumature necessarie a farci poi comprendere ciò che arriverà in seguito. Non ci sono per altro tempi morti e il film scorre via bene, e quando è chiamato in causa il sangue si mostra con buona personalità.


Tecnicamente poi c’è poco da discutere. Ti West dimostra di saperci fare dietro la macchina da presa, regalandoci un paio di virtuosismi e alcune scene che riescono ad inquietare quanto basta (vedi per esempio quel dannato maiale in decomposizione di cui non ci si riesce proprio a liberare). Molto interessante risulta anche la ricostruzione storica dell’epoca, meno l’insistenza sull’influenza spagnola, con tanto di mascherine improvvisate che tanto ormai ci hanno triturato i cosiddetti.

Bellissimo il finale, con la cena surreale in famiglia ed il ritorno del marito, che dà origine a quell’incredibile espressione che prosegue per tutti i titoli di coda e che per un po’ non ti scordi.

Ancora un ottimo lavoro quindi per Ti West, che ha azzeccato storia e personaggi, e che aspettiamo al prossimo capitolo.

Enjoy,



Trailer



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