My Policeman: La Recensione del Film



Regia: Michael Grandage


Trama


A Brighton, alla fine degli anni '90, la coppia in pensione Marion e l'ex poliziotto Tom, ospitano l'amico comune Patrick, che si sta riprendendo da un ictus. 

La scoperta dei diari di Patrick riporta Marion ai tempi della loro giovinezza e del loro incontro; ai tempi del suo matrimonio con Tom e la scoperta della sua relazione segreta con Patrick, riportando a galla sensi di colpa e ipocrisie. Quarant'anni di bugie, silenzi e segreti che forse ora sono pronti a terminare...


Recensione


Uscito il 4 Novembre su Prime Video il film è tratto dall'omonimo romanzo di Bethan Roberts, ispirato alla storia vera dello scrittore inglese E.M. Forster e alla sua lunga relazione con il poliziotto sposato Bob Buckingham.

Il triangolo amoroso tra Marion, Tom e Patrick è portato sullo schermo rispettivamente da Emma Corrin, Harry Styles e David Dawson nella versione giovane, e da Gina McKee, Linus Roache e un irriconoscibile Rupert Everett nella versione “anziana”.


La triste storia d’amore è raccontata come un ricordo della protagonista Marion che, leggendo i diari segreti dell’amico che sta aiutando dopo un problema di salute, rivive tutta la storia del suo matrimonio e dell’amicizia con Patrick ed è costretta a confrontarsi con un punto di vista diverso, quello dell’amante del marito.

Una narrazione a incastro che alterna presente e passato, indagando poco alla volta i tre personaggi, i loro sentimenti, le loro delusioni, le loro reciproche meschinità. Al centro della narrazione c’è la povera moglie tradita, usata come copertura per nascondere una relazione clandestina e illegale (la vicenda si svolge negli anni ’50), vittima inconsapevole, manipolata e usata dal marito prima, che diventa poi complice e infine carnefice, macchiandosi di un’azione abietta e vendicativa.


Dall’altro lato l’amore dei due uomini, un amore anomalo per i tempi in cui nasce, fatto di verità sussurrate, nascosto dietro l’insensibilità del mondo dell’epoca ossessionato dalla rispettabilità. Due protagonisti che vivono la loro omosessualità, e di conseguenza la loro storia, in due modi completamente diversi: se il direttore del museo Patrick ha una matura consapevolezza di chi è e vive la sua “condizione” con una certa coerenza, pur nella riservatezza e prudenza, dall’altra il poliziotto Tom ne è spaventato e ne tenta il rifiuto, condizionato anche dal suo lavoro e dall’ambiente culturalmente meno aperto da cui proviene.

La storia presenta tanti spunti interessanti e sentimenti da esplorare, ma manca del calore e della drammaticità che da una storia del genere ci si aspetterebbe.


E’ tutto molto corretto, delicato, narrato con grazia e compassione, compresa la bella fotografia che usa i toni caldi per il passato opposti a quelli freddi per il presente, ma la narrazione risulta piatta e banale.

Manca il pathos, la potenza di quei sentimenti covati e repressi per anni, il risentimento per le emozioni distruttive di cui sono vittima i protagonisti, ognuno a modo suo, e lo spettatore non riesce ad empatizzare fino in fondo coi protagonisti, ma si limita ad essere un osservatore di una storia lineare, quasi schematica, senza guizzi drammatici.

Anche le interpretazioni seguono questa linea: belle, corrette, ma lontane dal tormento interiore che hanno espresso altre storie analoghe rappresentate al cinema.

In sostanza un buon prodotto che non ha niente di sbagliato, ma che non colpisce in modo personale e incisivo.

Giudizio complessivo: 7.5

Buona visione,



Trailer



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