Questa non è una Canzone D’Amore: La Recensione del Libro



Autore: Alessandro Robecchi

Questo romanzo mi è stato segnalato da conoscenti, che col fare un po’ cospiratorio dei carbonari senza spaghetti e l’occhio - di bue - che tiene d’occhio il binocolo dei progetti lontani (così lontani che non sono segnati nemmeno su carte geografiche, ma solo nella terra remota dei “Se, forse e magari, siamo tre briganti e tre somari”), hanno rilanciato la mano in una discussione su autori “gialli/thriller”.

E siccome è il libro a scegliere te e non viceversa, mi sono ritrovato col volume fra le mani, e il naso fra le pagine, cosa facile viste le sproporzioni del mio setto.

Potrà sembrarvi una supercazzola degna del buon conte Mascetti, ma in realtà sto entrando nel mood dell’autore. Quindi parliamoci chiaro: il romanzo mi è piaciuto, e pure tanto.

Milano: Carlo Monterossi è l’ideatore del programma trash Crazy Love, format di storie becere che però “anche questo fa fare l’amore”. Dopo essere scampato ad un attentato grazie ad un bicchiere di whiskey torbato e dal fondo spesso – il bicchiere, non lo spirito – il nostro scopre di essere il terzo bersaglio di una catena di omicidi, così decide di indagare per prevenire eventuali recidive. Ma la trama si fa torbida ma non torbata e si inseriscono il Biondo e il suo socio, una coppia di sicari tanto forbiti quanto letali che hanno ricevuto un incarico e si muovono nel sottobosco della malavita di periferia. A contraltare ci sono anche Clinton ed Hego, due rom con dei conti da regolare, gente che ascolta l’eco dei fatti che succedono a Milano. E intanto Bob Dylan sottolinea alcuni passaggi della storia con la sua poesia, in una soundtrack ideale.


Robecchi ha uno stile piacevole e pungente. Tratteggia i suoi personaggi con espressioni e giochi di parole che divertono e appassionano alla storia: mi ha ricordato Andrea G. Pinketts, ma più stringato.

I personaggi sono tutti chiaroscurali; tutti a loro modo sono buoni e cattivi. Gli altri sono solo pirla. L’autore dipinge una Milano in apparenza da bere (anche perché gli anni ’80 sono finiti da un po’), ma col fondo bruno che lascia un retrogusto dolce amaro. Il biondo e il socio sembrano venire fuori da un Tarantino edulcorato e fanno sorridere. Ma i due rom sono la quota “seria” della storia; non c’è niente di comico nelle loro storie gitane, i loro riti e i loro codici e ti lasciano solo un senso di silenzio e rispetto per questo popolo migrante.

Fosse ambientato a Genova, ci scapperebbe una citazione di De Andrè, ma niente da fare, questa non è una storia anarchica e non è una canzone d’amore; tutt’al più di Jannacci, che mette la musica ai testi noir di Scerbanenco. Quelli che fanno fare l’amore, oh yeah.

Qui il libro

Buona lettura.


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