La verità sul caso Harry Quebert


Regia: Jean-Jacques Annaud


Dopo aver apprezzato molto l’omonimo romanzo scritto da Joël Dicker, appena saputo dell’uscita della miniserie su La verità sul caso Harry Quebert, non ci ho pensato due volte a vederla, sia per la curiosità di capire come sarebbero riusciti a concentrare tutto ciò che è successo nel libro in “sole” 10 puntate, ma anche per riprendere un attimo proprio quel “tutto ciò che è successo”, che alla fine della lettura non mi è stato poi così facile ricollocare così agevolmente.

Viste le mie precedenti esperienze su trasposizioni cinematografiche o televisive relative a libri che mi hanno entusiasmato, chiaramente non proprio positivissime, ero leggermente prevenuto ma, pur non raggiungendo i fasti del romanzo, devo ammettere che il risultato può considerarsi assolutamente positivo.

La storia è decisamente fedele al lavoro di Dicker, anche in tutte le piccole sfaccettature della trama, anzi a volte forse pure troppo, tanto che sembra quasi un copia e incolla che alla lunga potrebbe quasi dare fastidio, visto anche il minor numero di emozioni che, per forza di cose, suscita nello spettatore. Ma dobbiamo anche considerare che, in caso di eccessive divagazioni, probabilmente le critiche sarebbero state ben peggiori.


Quello che appare chiaro, e che lo è stato ancora prima della visione della prima puntata, è l'importanza della scelta degli interpreti, perché dopo essersi affezionati ai personaggi ed esserseli portati dietro per quelle 282847834 pagine c’era bisogno di dare volti credibili ai vari Harry Quebert, Marcus Goldman, Nola ecc ecc…e che dire nel complesso la missione è stata compiuta dignitosamente.

Patrick Dempsey se la cava benissimo, così come Ben Schnetzer nei panni di Marcus, con quella faccia arrogante e presuntuosa che calza a pennello. Wayne Knight, pur non facendosi divorare dai dinosauri come in Jurassic Park, incarna bene lo spirito combattivo dell’avvocato e Ron Perlman per me starebbe bene ovunque. Kristine Froseth sembra proprio la Nola che tutti noi ci siamo immaginati e i restanti protagonisti appaiono scelti con coerenza.


Mi sono soffermato maggiormente su questo aspetto, perché di fatto era una, se non l’unica, scelta difficile e critica che regista e sceneggiatori dovevano fare, perché di fatto la storia era già scritta e pure molto bene. Un’altra insidia era legata alla necessità di dover condensare tutto in così poco tempo e nel complesso posso ritenermi soddisfatto, anche se a volte forse si ha l’impressione che si stia correndo un po’ troppo. Ma ciò era francamente inevitabile.

È stato quindi piuttosto interessante e a tratti divertente ripercorrere tutte le vicende lette qualche mese fa e, seppur lontani dai risultati raggiunti da Dicker, posso tranquillamente affermare di aver visto trasposizioni ben peggiori. Consiglierei quindi la visione anche a coloro, come per altro il sottoscritto, che abitualmente diffidano da questi lavori.

Giudizio complessivo: 7.5
Enjoy,




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