Cannibal




Regia: Marian Dora



Germania, 2001. Un uomo, Armin Meiwes, viene arrestato dopo aver ucciso e mangiato una vittima volontaria che ha contattato su internet e che si è offerta in sacrificio all'uomo diventato famoso come il Cannibale di Rotemburg.
Marian Dora parte da questa cupa vicenda di cronaca nera per scrivere il suo Cannibal, film prodotto per riuscire a raccimolare qualche soldo per il successivo Melancholie Der Engel.

Ad ogni modo, la storia è quella di un uomo, del quale non ci è dato sapere il nome (pur essendo palesemente ispirato al cannibale di cui sopra) che contatta persone su internet affinchè qualcuno si offra a lui come pranzo, in parole povere. Già da questa prima parte, riusciremo a vedere lo stato mentalmente disordinato del protagonista, che vive da solo in una topaia buia e sporca.

Un giorno, per sua fortuna, un uomo risponde al suo annuncio, offrendosi come volontario per questa folle impresa. I due si incontranno alla stazione e The Man (così viene chiamato il protagonista) porta a casa sua The Flesh (la cavia).
Tra i due scoppia un amore malato, una passione perversa che ricorda molto lo stile di Nekromantik (similitudine sulla quale torno più avanti).



Dopo una prima fase di corteggiamento, se così si può dire, The Man cercherà di fare ciò per cui si è tanto impegnato, anche se non sarà così semplice uccidere una persona che si ama. Dopo un primo litigio dato dalla sua debolezza infatti, la coppia riesce a portare a termine la prima parte del loro diabolico piano, ovvero castrare The Flesh e cibarsi del suo membro, in una sorta di rituale oscuro.

Ovviamente, questo porta La Carne alla morte vista la copiosa perdita di sangue e, di conseguenza, il nostro Uomo avrà a disposizione molto da macellare e cibo a sufficienza per parecchio tempo.

La trama è molto semplice ma riesce lo stesso a far venire i brividi, specialmente se si pensa che questo film è molto fedele a ciò che è realmente accaduto.

La violenza nel film è quasi onnipresente nella seconda parte della pellicola, a partire dall'evirazione fino alla macellazione del corpo. Le scene più gore sono realizzate davvero bene e, in particolare, il taglio del membro con un coltello farà male anche solo a vederlo a tutti i maschietti che guardano.
Nonostante un badget davvero limitato quindi il signor Dora riesce a creare un prodotto violento al punto giusto, seguento la filosofia dei vari Guinea Pig, ovvero che non servono tanti soldi per shockare lo spettatore.



A differenza della sopracitata saga però, qui la violenza non è fine a sè stessa ma, al contrario, è al servizio di una storia d'amore (malata, ovviamente, ma sempre di amore si tratta). In un rapporto infatti la soddisfazione carnale è una delle parti essenziali e qui questo concetto è spinto al limite, rendendo la pellicola più che un horror un film drammatico molto violento. Da questo punto di vista quindi, il film è molto simile a Nekromantik, nella misura in cui in entrambi la morte e l'amore sono strettamente legati, con la differenza che questa, essendo una storia vera, riesce a farci immedesimare maggiormente nei personaggi, per quanto malati e disturbati possano essere.

Per quanto riguarda la fotografia, il film riesce davvero a deprimere e a farci entrare nella mente malata del protagonista, dipingendo la caratteristica cittadina di un grigio quasi uniforme ed illuminando la casa dell'Uomo con colori che vanno dal verde al giallo al nero, opprimendo lo spettatore e dando un senso di claustrofobia misto a marciume.
La colonna sonora è composta da brani minimali ma che si sposano alla perfezione con le scene che vedremo, in alternanza con rumori distorti di sottofondo nelle scene più violente che aumentano la tensione e l'angoscia.
Cannibal è quindi un film eccessivo che si può considerare ben riuscito grazie anche alle prove recitative degli attori, molto probabilmente attori non professionisti, ma che riescono a dare quel tocco di semplicità che rende il tutto ancora più vero.

Consigliato quindi a tutti gli amanti del cinema eccessivo e violento e, perchè no, anche a chi ama le storie d'amore disperate.

Giudizio complessivo: 7.8

Buona Visione,


Stefano Gandelli



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