Empire of Light: La Recensione del Film



Regia: Sam Mendes


Trama


1981, in una Gran Bretagna precipitata nella recessione e scossa da un razzismo endemico, il cinema è la sola via di fuga.

L'Empire è un maestoso cinema in declino gestito da Mr. Ellis, ma l'anima del suo esercizio è Hilary, segretaria dedita alla professione, uscita da un esaurimento nervoso, e invischiata in una relazione tossica con Mr Ellis. Le cose cambiano quando arriva Stephen, un giovane ragazzo nero che prova subito empatia per Hilary...



Recensione


La vita è uno stato mentale


Empire of Light è una storia d’amore “sbagliata” che nasce e si sviluppa intorno ad un cinema, un microcosmo di personaggi raccontato nel passaggio agli anni Ottanta, quando l’avvento di Reagan e della Thatcher spazzeranno via le illusioni degli anni passati.




E la disillusione degli anni Ottanta rivive in quella della protagonista Hilary, interpretata da un’intensa Olivia Colman, la cui vita procede tra crisi depressive e una relazione sbagliata, che subisce passivamente. Il vecchio cinema in declino e luogo di memoria è l’ambientazione perfetta per una storia di sogni infranti e nostalgia, metafora di come Hilary affronta la vita, passivamente, non da spettatrice, né tantomeno da protagonista, ma rimanendone ai margini, nei corridori, mentre in sala il pubblico, sogna e si emoziona.

Esattamente l’opposto di come è Stephen, il giovane ragazzo nero con cui stringerà una relazione: lui non rimane in disparte, morde la vita con entusiasmo, entra in sala e non si limita a guardare i film, ma diviene elemento attivo nella loro proiezione.


Una storia d’amore “sbagliata” dicevo, per età, per colore della pelle, ma così giusta per i due protagonisti in un momento cruciale della loro vita; una storia raccontata con delicatezza e verità, senza i soliti cliché del romanticismo.

Il film tocca diversi temi che Mendes rende efficacemente con poche significative sequenze, come nel confronto carico di tensione tra Stephen e un cliente odiosamente razzista, che da sola basta a rappresentare tutta la violenza della disuguaglianza e del razzismo insito nella società del periodo.

Una pellicola che ha il suo punto di forza nella performance di Olivia Colman, una vera montagna russa d’emozioni, vulnerabile e afflitta, ma anche desiderosa del suo risveglio alla vita; accompagnata da una splendida fotografia che enfatizza il lato melanconico e nostalgico della ambientazione ‘Art déco’ del cinema Empire.

Un film che è stato accolto tiepidamente e ritenuto un’opera minore del regista, ma che vi consiglio di non perdere perché ben vengano “opere minori” come questa!

Giudizio complessivo: 8.5

Buona visione,



Trailer



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