Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop: La Recensione del Libro



Autore: Fannie Flagg


Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop, è un romanzo di Fannie Flagg, pseudonimo di Patricia Neal, autrice ed attrice statunitense originaria della stessa cittadina di Birminghan in Alabama, luogo in cui si svolge la vicenda del romanzo.

Il romanzo, rappresenta un affresco nostalgico ed emozionante di una famiglia ben voluta e apprezzata da tutto il paese, egregiamente rappresentato con diversi espedienti dalla scrittrice, che si snoda su due piani temporali differenti; l’ Alabama degli anni a cavallo tra le due guerre, e l’Alabama degli ultimi anni ’80.

La storia prende appunto le mosse dai ricordi della signora Virginia Threadgoode, che nel 1986, ormai ultra ottantenne, si trova ricoverata in un casa di cura per anziani. La signora Threadgoode condivide questi ricordi con Evelin Couch, donna quarantottenne che vive un’esistenza triste e infelice, nella sala d’aspetto della casa di cura, mentre il marito va far visita alla madre.

E il racconto della signora Threadgoode è così interessanti che Evelin non vede l’ora di andare a trovarla per sentirne il seguito, tra un biscotto al latticello e una fetta di torta.

All’interno del romanzo si inseriscono anche gli articoli della signora Weems, impiegata postale che cura il bollettino settimanale di Wistle Stop, in Alabama.

Il romanzo si apre proprio con un articolo del giornale della signora Weems, datato 2 giugno 1929, in cui viene comunicata la notizia dell’apertura di un nuovo caffè, in prossimità della stazione del paese, gestito da due ragazze molto note e stimate nella contea che rispondono al nome di Idgie Threadgoode e Ruth Jamison. Le due proprietarie gestiscono il locale con l’aiuto di due donne di colore, Sipsey e Onzall che si occupano della cucina e il marito di Onzell, Big George, impegnato al Barbecue.

Le specialità del caffè sono appunto le braciole, il pollo fritto, il barbecue di Big George, gli gnocchi, il granturco alla panna e i pomodori verdi fritti. Il tutto viene servito a prezzi abbordabili e con un sorriso!

In questo caffè speciale, aperto a tutti i vagabondi di passaggio, anche i neri possono mangiare purché non si siedano e prendano il cibo dalla porta sul retro. Le leggi razziali infatti impediscono ai neri di sedere con i bianchi, anche se le due ragazze trovano che ciò sia sbagliato e ingiusto.


Prima di passare alla trama che comunque non vorrei svelare per non togliere il piacere di leggere questo piccolo gioiello, mi ha molto colpito il fatto di trovarmi davanti ad un libro pubblicato nel 1987 che tratta non solo il tema del razzismo, della disabilità e della violenza sulle donne, ma anche temi LGBT.

Le due proprietarie del caffè sono infatti una coppia di amanti che non si nasconde affatto, ma che vive il suo amore alla luce del giorno e con il benestare della loro famiglia e dei cittadini. Le due crescono anche un figlio avuto da Ruth e da suo marito, che però, a seguito di terribili violenze, decide di lasciare per vivere finalmente il suo amore con Idgie. Nel romanzo questo rapporto è raccontato con estrema naturalezza e semplicità, senza indugiare mai nei dettagli; quello che inizialmente sembra il capriccio di una bambina, incapace di capire fino in fondo i suoi sentimenti, diviene invece un legame forte e profondo in grado di superare innumerevoli sfide.

La personalità di Idgie è talmente temeraria e rivoluzionaria che la stessa Evelyn, da donna compiacente e insicura quale è, comincia a subirne il fascino e a cambiare il suo atteggiamento nei confronti della vita; un giorno viene insultata da un ragazzo al parcheggio di un supermercato e ne rimane sconvolta.


“Che cos’era mai questo potere, questa insidiosa minaccia, quest’arma invisibile puntata alla tempia che controllava la sua esistenza, questo terrore di non essere insultata? Era rimasta vergine per non essere chiamata sgualdrina o puttana. Si era sposata per non essere chiamata zitella. Aveva finto gli orgasmi per non essere chiamata frigida. Aveva avuto dei figli per non essere chiamata sterile. Non era mai stata femminista perché non voleva sentirsi dare della lesbica. Non aveva mai protestato né alzato la voce per non venire etichettata come una rompiscatole. Aveva fatto tutto questo, eppure quell’estraneo l’aveva umiliata con le parole che gli uomini rivolgono alle donne quando sono furiosi. Perché sempre riferimenti ala sesso? Si domandò Evelyn. Che cosa abbiamo fatto per essere considerate in questo modo? Per essere chiamate vacche? Ogni minuto che passava Evelyn si arrabbiava sempre di più. Se ci fosse stata Idgie con me pensò, lei non avrebbe permesso a quel ragazzo di insultarmi. Scommetto che sarebbe stato lui a finire a terra”.


E dunque una storia di tanti anni fa, raccontata da una simpatica e deliziosa vecchietta, comincia a scalfire la corazza di Evelyn e a suscitare in lei un grande cambiamento.

Pur avendo apprezzato molto la temerarietà d Idgie, credo che tra le due donne sia Ruth il personaggio femminile più intenso e forte, con la sua indole delicata e introversa, è lei a cambiare le sorti della sua vita riuscendo a prendere decisioni che, per la società dell’epoca, erano tutt’altro che semplici e scontate.

Un romanzo sublime, che riserva anche un colpo di scena finale, che ha il sapore dell’America degli anni della grande Depressione, del razzismo e del ku kux klan, ma capace anche di grandi gesti di compassione e di altruismo che scaldano il cuore. Un romanzo che rievoca quelle atmosfere famigliari, semplici e ormai dimenticate, che si nutrono di piccole cose, come guardare un treno che passa, pescare sulla rive del fiume, sorseggiare un caffè bollente o mangiare del granturco alla panna in un locale intimo ed accogliente .

Un libro che non posso non consigliare!

Buona lettura,

 

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