Lemmy (2010): La Recensione del Film Documentario



Regia: Greg Olliver, Wes Orshoski


Quando il 28 dicembre 2015 viene annunciata la morte di Lemmy, una lacrimuccia (anzi forse qualcuna in più) non può non aver fatto capolino dagli occhi degli appassionati di rock’n roll e di musica in generale.

Si parla infatti di un uomo che ha fatto senza dubbio la storia di questo genere musicale, fregandosene di tutto e di tutti e sottoponendo il suo povero corpo ad ogni tipo di abuso chimico ed alcoolico, e rimanendo incredibilmente in vita per ben 70 anni (in grande forma per altro).

E se già con la lettura della sua autobiografia (uscita qui da noi con il titolo La Sottile Linea Bianca) uno poteva farsi un’idea di quanto fosse un personaggio come pochi ce ne sono stati, con la visione del film documentario Lemmy del 2010 non può che trovare conferme di quanto già si era potuto intravvedere.


Al suo interno troviamo un po’ di tutto, tra spezzoni di concerti, interviste, racconti di chi lo ha conosciuto, video di backstage e svariate chicche che la troupe che lo ha seguito per svariati anni è riuscita a riprendere e custodire con grande cura. Tra i vari personaggi intervistati spiccano tra gli altri Ozzy Osbourne, Dave Navarro, Nikki Sixx, Lars Frederiksen, James Hetfield e Lars Ulrich, Slash, Scott Ian, Steve Vai, Dave Grohl e tanti altri, insomma tutta gente non esattamente arrivata ieri, e che parla di Lemmy come se stesse parlando di quell’idolo che un ragazzino ha sempre avuto sin da quando era piccolo. Ciò a testimonianza del carisma e dell’importanza che ha trasmesso durante quei folli 70 anni di vita.

Attraverso le interviste, i racconti e gli aneddoti snocciolati in rapida sequenza, scopriamo un Lemmy grandissimo fan dei Beatles (cosa che non mi aspettavo assolutamente) che si racconta non solo in campo musicale, ma soffermandosi anche su altri aspetti magari meno conosciuti e facendoci anche scoprire qualche divertente aneddoto sulla sua vita familiare.


L’intervista doppia con il figlio (conosciuto quando lui aveva già 6 anni) a tal proposito è a dir poco esilarante, sia nel momento in cui raccontano di essersi scambiati le fidanzate (chi non lo ha fatto d’altronde con il proprio padre), sia quando il ragazzo rammenda le istruzioni del padre sul non assumere mai cocaina ed eroina perché fanno male, e di sostituirle con un po’ di sano speed (un po’ quello che tutti i genitori raccomandano ai figli in sostanza).

E questo perché comunque la droga è stata probabilmente la sua compagna più fedele (fedeltà ampiamente ricambiata), sin dai tempi in cui ci racconta di quando spacciava acidi a Jimi Hendrix (chissà che serate con quei due), il quale generosamente ne prendeva 7 per lui e ne lasciava 3 a Lemmy. Ed in effetti pure lui si è sempre chiesto come abbia fatto ad arrivare all’età in cui è arrivato, trovando forse come spiegazione che “Non ho mai preso eroina. E non ho mai visto nessuno morire di qualcos'altro". Mi raccomando don’t try this at home, o magari sì se vi piace scommettere come si dice nell’intro di Ace of Spades.


Non solo la droga comunque (e l’alcool) sono stati protagonisti della sua vita, perché probabilmente ce n’è stato uno ancora più determinante, la figa. Già dal racconto effettuato con suo figlio lo si poteva intuire, e se ne può trovare conferma quando inizia a parlare della sua storia musicale, soffermandosi sulla sua esperienza con gli Hawkwind, gruppo in cui venne sbattuto fuori dopo il suo arresto. Alla domanda dell’intervistatore sul come abbia preso quella decisione, rispose infatti candidamente "Come l’ho presa? Beh tornai a casa e mi feci 3 delle loro signore". Applausi.

Partendo poi dagli Hawkwind è naturale un lungo passaggio sulle sue band, fino ad arrivare ai Motorhead e alle canzoni che lo hanno reso famoso. Ottimo il riferimento sull’incontro e la conoscenza con il mitico wrestler Triple H e l’origine del pezzo The Game, divenuto la sua musica d’ingresso e il suo soprannome. Non mancano inoltre cenni al suo famoso Rickenbacker e a quel suono e modo di suonare che lo hanno reso famoso.


Sorvolando poi sulla terribile immagine di Lemmy con gli shorts, ecco scoprire il suo grande vizio di accumulatore seriale, in particolar modo di oggetti militari e guarda caso di stampo nazista. Gli viene quindi chiesto se fosse quello il suo orientamento politico, sentendosi rispondere che "Ho avuto 6 fidanzate di colore, quindi direi che sono il peggior nazista del mondo". A supporto della battuta aggiunge poi che se gli israeliani avessero avuto delle belle uniformi avrebbe collezionato quelle, quindi il caso è chiuso. Fa molto ridere poi la sequenza nel carro armato, in cui sembra veramente un bambino in mezzo ai regali di Natale, riuscendo poi anche a tornare serio affermando che "Le guerre sono momenti interessanti. Tirano fuori il meglio e il peggio della gente".

Insomma c’è molto da dire e da vedere, per cui vi lascio il piacere di scoprire ciò che non ho avuto il tempo di dire, citando solo il gran finale con il “Very special thanks to LEMMY” e Overkill in sottofondo. Applausi e lacrimucce.

Enjoy,



Trailer



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