The Nest (Il Nido)


Regia: Roberto De Feo



RECENSIONE

Attenzione che ci può scappare qualche spoiler (continuate a vostro rischio e pericolo).

Allora, prima di vedere il film ero sicuro di iniziare la recensione parlando dell’horror italiano e di quanto sia importante sostenere progetti nuovi di registi semi esordienti, in modo da poter continuare a dare lustro ad un genere che altrimenti rischia di perdersi.

E niente, dopo la visione direi che l’incipit andrebbe pure bene, ma sarebbe probabilmente il caso di sostituire la parola “horror” con qualcos’altro…forse più semplicemente “cinema”, perché di fatto, pur strizzando maggiormente l’occhio ad una sorta di dramma famigliare, The Nest non è così facilmente catalogabile in unico genere. Ma ciò non toglie che sia comunque un prodotto di buon livello, che mi ha soddisfatto molto.

Non avendo letto praticamente nulla, per non incappare in spoiler o anticipazioni, mi sono tuttavia ritrovato leggermente spiazzato, in quanto mi sarei aspettato la solita casa maledetta con presenze più o meno dispettose a rendere movimentato il soggiorno degli abitanti. E invece ecco prendere quota qualcosa di diverso che riesce in ogni caso a stimolare l’attenzione dello spettatore (forse proprio perché parzialmente sorpreso da questa scelta), catapultandoci direttamente all’interno del fantastico contesto offerto dall’imponente Villa Dei Laghi.


L’ambientazione è assolutamente eccezionale, sia per quanto gli esterni, che per quanto riguarda gli arredamenti interni, perfettamente in tema con la vicenda, anche a livello di “tristezza” di colori, quasi a ripercorrere proprio il senso di malinconia vissuta dai protagonisti ed in particolare dal piccolo Samuel.

E parlando dei protagonisti non posso non soffermarmi proprio su uno degli aspetti più convincenti della pellicola, la prestazione del cast. I due giovani se la cavano molto bene, Maurizio Lombardi nei panni del dottore è perfettamente a suo agio e poi grande plauso va riservato a Francesca Cavallin che ha saputo brillantemente impersonare tutta la sofferenza, la severità e la disperazione di una madre costretta ad operare scelte alquanto discutibili (alcune anche più di semplicemente discutibili), solo per preservare la salute del suo unico figlio. Ogni sua espressione era perfettamente inserita nel contesto in cui la si trovava, trovando la sua massima riuscita nelle fasi finali dopo la fuga.


Roberto De Feo poi, anche se qui lo troviamo al suo primo lungometraggio, dimostra di aver visto parecchio cinema di quello giusto, andando a prendere spunto da grandi capolavori del passato e da registi che hanno fatto scuola nel loro genere. A ciò va aggiunta l’abilità mostrata nella gestione di un comparto tecnico che appare senza dubbio estremamente valido e che vede anche alcune scene particolarmente intriganti e di effetto (due su tutte: gli invitati che mangiano alla festa di compleanno e la parte dell’elettroshock accompagnata da musica classica e conseguente “danza” del medico).

Parlando di musica, è altresì doveroso riconoscere l’intrigante colonna sonora, sempre presente e mai fuori luogo, in cui trovano spesso posto le note suonate al pianoforte dal ragazzino, che a volte riescono a riempire alcuni vuoti creati dall’evoluzione della vicenda. 

E sì, perché alcune parti che non mi hanno del tutto convinto ci sono. 

Partiamo con uno degli aspetti che probabilmente avrà ricevuto più critiche, la lentezza della narrazione che si protrae per gran parte dello svolgimento, unendosi al concetto sottolineato prima della mancanza di sequenze che giustifichino la sua appartenenza al genere horror. Devo ammettere che nel 99% dei casi pure io ne sarei rimasto deluso (essendo fan di una splatter action della quale qui non si avverte la minima traccia), ma qui non lo ritengo un aspetto negativo. E vi dirò di più, ritengo che sia stato ancor più vincente il non aver abusato della causa che ha rilegato i protagonisti nella villa, perché di film a tema ne abbiamo visti migliaia. Il concentrarsi invece sui rapporti personali creatisi a seguito di ciò che è successo fuori è stata una scelta intelligente, anche se in alcuni momenti mi rendo conto che la pazienza dello spettatore viene messa a dura prova (specie se ci si è svegliati alle 6 di mattina e lo guarda il venerdì sera).


Alcune scene poi le ho trovate un po’ superflue, fuori contesto e leggermente fuorvianti (la tizia semi strangolata per aver parlato, Samuel che muove il piede ascoltando la musica e il “sacrificio” della donna nel bosco, per citarne alcune), quasi come se fossero aggiunte per allungare il brodo (che forse non aveva bisogno di essere allungato viste le quasi due ore di durata).

Il finale poi non so quanto mi abbia convinto; certo lo spiegone sul cosa stesse succedendo era fondamentale (e anche un po’ prevedibile), ma ho avuto quasi la sensazione che sia stato chiuso un po’ frettolosamente anche se, come ho detto prima, concentrarsi sul “fuori” non era di certo l’aspetto primario del film.

Detto questo, non posso che consigliarne la visione, ribadendo il concetto di sostenere il nostro cinema, soprattutto quando sa osare e vincere, rischiando anche di perdere.

Giudizio complessivo: 7.7
Enjoy,



Trailer



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