Šílení


Regia: Jan Svankmajer


Attenzione, contiene SPOLIER!



Šílení, letteralmente Follia, è la quinta opera del regista ceco che ci catapulterà nel mondo dei manicomi, visti da diverse prospettive.

Il film si apre con il signor Svankmajer che ci farà una breve introduzione su quanto stiamo per vedere, dicendo che Šílení non è un'opera d'arte, è un film dell'orrore con evidenti influenze di E. A. Poe e del Marchese DeSade. Premessa fondamentale che ci introduce al film, anticipando fatti avvenuti in un manicomio gestito in due modi completamente diversi, uno libertino e uno altamente repressivo.

Dopo questa breve introduzione, ci verrà presentato il protagonista, Jean Berlot, di ritorno dal funerale della madre. Nonostante lui non abbia problemi mentali, ha comunque incubi ricorrenti nei quali due uomini cercano di infilargli una camicia di forza e Jean, nel sonno, distrugge ogni volta la camera creando caos e scompiglio. Il perché di questi incubi risiede nel timore di Jean di diventare come la madre, rinchiusa per molto tempo in istituti psichiatrici. Per via del casino creato durante questi incubi, viene notato da un certo Marchese che è disposto a pagare i danni alla camera al posto di Jean e fin da subito gli offre ospitalità. Jean, nonostante i dubbi iniziali, decide di seguirlo e questo sarà l'inizio della sua fine.

Partiamo col dire che, come preannunciato all'inizio della pellicola, Šílení si può tranquillamente considerare un film horror, basato sull'orrore della razza umana nelle sue peggiori connotazioni. Nelle due ore di durata infatti assisteremo ai lati peggiori del nostro essere, combattuto sempre tra ragione ed immaginazione, tra libertà ed autocontrollo. 


Nella prima parte del film assisteremo alla rappresentazione della lussuria e della blasfemia, durante una messa nera organizzata dal Marchese come rito esoterico contro la natura, vista come malvagia e crudele, interessata solamente a distruggere i suoi figli. In questa prima parte il regista ci porterà a ragionare su quale sia il ruolo dell'uomo all'interno del mondo e di come, in fondo, non siamo che un granello di sabbia nel deserto. Questo ragionamento però porta il Marchese a ritenersi legittimato a compiere qualsivoglia azione, passando dal riempire di chiodi un crocifisso ad un banchetto dionisiaco con tanto di stupri ed umiliazioni in pieno stile De Sade. Queste scene infatti non possono che far venire in mente lo stupendo Salò di Pasolini, un film con il quale questo Šílení ha parecchie affinità.


Nella seconda parte della pellicola ci spostiamo nel manicomio gestito dal Dottor Murloppe, rappresentazione delle nostre passioni più sfrenate, quelle immorali e che tendiamo a reprimere. Il manicomio è una struttura fatiscente nella quale i malati vengono lasciati liberi di fare ciò che vogliono, causando il caos più totale, tra persone che lanciano le piume delle coperte nudi ad altri che fanno una terapia, per così dire, artistica, che consiste nello tirare ad una povera sciagurata legata ad una tavola dei palloncini contenenti vernice. Qui inizieremo a farci un'idea personale, nella quale decideremo se approvare il metodo Marchese-Murloppe oppure credere a Charlota, inserviente del manicomio vista durante la messa nera della quale Jean si innamora. Charlota sostiene che il Marchese e Murloppe si siano impossessati della struttura abusivamente e che i veri psichiatri siano rinchiusi nello scantinato, in attesa di essere liberati. Nonostante gli avvertimenti del Marchese nel diffidare da Charlota, Jean decide di liberare questi uomini-uccello, così definiti perché prima di essere rinchiusi sono stati ricoperti di catrame e piume, umiliati per via delle loro idee.


Nella terza e ultima parte, assisteremo alla liberazione della violenza e della repressione, simbolo di una società che tende a reprimere l'individualità in favore di falsi ideali, spesso camuffati da una visione distorta della religione. La liberazione dei veri psichiatri ci permetterà di capire come sono andate veramente le cose e ci metterà di fronte ad un altro bivio: chi è veramente malvagio? Il Dottor Murloppe ed il Marchese sono veramente due pazienti psichiatrici che hanno causato la rivolta all'interno del manicomio. Ma perché lo hanno fatto? Semplice, perché il metodo del Dr. Coulmiere, il vero direttore della clinica, è basato sulla violenza fisica, in modo da indebolire il corpo in favore di una fortificazione della mente. La guarigione si snoda in 13 passi, partendo dalle frustate sino ad arrivare all'amputazione di lingua, arti, occhi ecc. Jean dopo aver scoperto la verità cercherà di pentirsi e di scappare con Charlota ma ormai sarà troppo tardi, l'inganno di Charlota è giunto al termine e nessuno uscirà più dal manicomio.


Di tematiche il film ne è pieno quindi ed ognuno potrà fare le riflessioni che crede, specialmente tra il conflitto bene-male e giusto-sbagliato, apparentemente semplice ma in realtà davvero complesso e difficile da risolvere.

Per quanto riguarda gli attori, ognuno entra alla perfezione nel proprio personaggio e, tra tutti, Jan Triska interpreta il Marchese in modo davvero eccezionale, riproponendo più volte la sua oscura risata che risuonerà nella nostra testa per molto tempo.
Come in tutti i film di Svankmajer, ci sono elementi ricorrenti come la stop-motion e la cura per il sonoro. Per quanto riguarda la prima, è piuttosto limitata ed il suo uso è riservato quasi esclusivamente a piccoli siparietti che compaiono a intervalli di tempo piuttosto regolari nei quali dei pezzi di carne (bistecche, trita, lingue, occhi) prendono vita e mettono in atto un circo grottesco. Il sonoro invece è sempre scelto con molta accortezza ed i rumori risuoneranno nell'aria stridenti e gelidi, come sempre.

Altro aspetto molto importante è la componente estetica, costituita da sapienti giochi di luce-ombra e abbinati con scenografie fatiscenti e sporche, scenografie che spesso riflettono il degrado morale e psicologico dei personaggi. Molte delle ambientazioni sono labirintiche e simili tra loro, così da rendere il film quasi circolare, infatti si aprirà con un incubo di Jean e con un incubo si chiuderà. La struttura ciclica è molto amata dal signor Svank che l'ha inserita nella maggior parte dei suoi lavori (Conspirators of Pleasure e Faust tanto per citarne un paio).


Ci sarebbero ancora molte cose da dire su Šílení ma è meglio vederlo per capire in prima persona il talento del regista Ceco. Consigliatissimo a tutti gli amanti del cinema d'autore e a chi è alla ricerca di una versione ancor più grottesca dei film Pasoliniani.

Giudizio complessivo: 9.2
Buona Visione,

Stefano Gandelli


Qui trovate un secondo punto di vista su questo capolavoro.





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