The Shallows


Regia: Jaume Collet-Serra


È fuor di dubbio che, al giorno d’oggi, produrre film convincenti sugli squali non è cosa semplice e, a dirla tutta, non è cosa semplice a partire dal 1975, anno in cui Zio Steven diede origine (almeno per quanto riguarda la produzione mainstream e più conosciuta) e rivoluzionò la storia cinematografica in tema di selaciformi e affini.

Da lì in poi sono apparse sul piccolo e grande schermo una serie di nefandezze più o meno abominevoli (da cui escludo ovviamente i “meravigliosi” Sharknado 1,2,3,4) e alcuni (ma proprio pochi eh) prodotti a loro modo interessanti, ma che tuttavia non si avvicinano al capolavoro originale sopra citato.

Proprio in considerazione di quanto appena espresso, questo The Shallows (o Paradise Beach – Dentro L’Incubo per dirla all’italiana) suscitava in me (e penso pure in molti altri) più di una perplessità prima della visione, fattore che ha contribuito ancor di più a farmi apprezzare questo lavoro probabilmente più di quanto effettivamente si meriti.

Intanto vabbè, il regista non è uno sconosciuto qualunque, ma si tratta di tale Jaume Collet-Serra, già visto e sufficientemente apprezzato nei vari Orphan, La Maschera Di Cera e Unknown.

Alcune sue scelte si rivelano vincenti e la prima di queste (sempre che sia farina del suo sacco) è quella di giocarsi un all-in su Blake Lively e di puntare decisamente su di lei, affidandole in toto tutta la baracca.


E lei risponde presente, mostrando già dopo un minuto scarso di essere uno dei motivi più che validi per proseguire nella visione, che si fa subito accattivante grazie ad una serie di inquadrature e primi piani sapienti che il regista le dedica. Ma per fortuna non si limita solamente a questo, regalandoci un’ottima ambientazione tra le onde e le spiagge messicane (che in realtà poi sono australiane ma fa niente), con una bellissima panoramica iniziale che, in giornate fredde e piovose tipo queste, ti mette la scimmia di partire subito.

È chiaro che quando poi la vera minaccia incombe sulla sfortunata fanciulla che in realtà, come in tutti i film di pari genere, un po’ se la va a cercare, il rischio ennesima boiata comincia a farsi strada, ma ben presto il regista riesce a tirarsene fuori, gettando le basi per quello che, soprattutto nella prima parte, diventa un buon survivor movie che, in alcuni momenti, mi ha ricordato, per analogia di situazione, il deludente Frozen. Per nostra fortuna (e anche sua) però la protagonista è decisamente meno cogliona degli incauti sciatori del predetto lavoro, anzi per certi versi è fin troppo wonder woman, fino ai limiti del credibile.


Il vero punto di forza comunque, a mio avviso, è stata l’abilità nello trasmettere quella sensazione di inquietudine, impotenza e tensione nei momenti in cui lei prova ad agire, con la minaccia dello squalo che, in una simile situazione, ti sfinisce a livello fisico e soprattutto mentale.

La breve durata poi aiuta senz’altro, così come alcune scene convincenti, come per esempio la saturazione della ferita con mezzi di fortuna e, nel complesso, anche la realizzazione dello squalo che, tutto sommato, non mi è dispiaciuta.


Ovviamente alcuni punti deboli ci sono e, in tal senso, lasciamo perdere alcuni comportamenti dell’animale che definirei quantomeno discutibili. In particolare mi riferisco alla sua cocciutaggine nel puntare la ragazza a tutti i costi, manco fosse il celebre Colombre di Buzzati, ma molto più probabilmente dietro a tanta prepotenza l’obiettivo era quello di trombarsela e quindi non me la sento di dargli torto.

La nostra Nancy un po’ di credibilità se la gioca pure lei quando, con una gamba ko, si trasforma in Michael Phelps e anche la scena delle meduse non mi ha fatto proprio bagnare dall’entusiasmo.

Giunti a tre quarti di film poi, la sensazione che il finale possa giocare un ruolo fondamentale per il giudizio complessivo si fa strada e, in fin dei conti, non mi posso lamentare di come vanno a finire le cose, anche se la realizzazione del momento clou lascia un po’ a desiderare.

In definitiva comunque il film risulta più che buono e, fattore da non sottovalutare, non vuol essere nulla di più di quel che effettivamente è, e cioè un prodotto di intrattenimento, durante il quale lo spettatore non si annoia e riesce pure a vivere alcuni momenti di discreta tensione.

Giudizio complessivo: 7
Enjoy,


Luca Rait


Trailer



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