Il Mistero Del Castello: Recensione Del Film



Regia: Don Sharp


Se con Le spose di Dracula la Hammer dimostra di poter fare a meno di Christopher Lee, con Il Mistero del castello riesce a farcela senza Peter Cushing? Nì.

Baviera, primi del ‘900. Gerald e Marianne sono due sposi in luna di miele. La loro auto va in panne e trovano riparo nel castello del dottor Ravna, che, come da copione, è un vampiro che mette gli occhi e i canini addosso a Marianne…

La Hammer sta ancora aspettando Chris Lee dai tempi del primo Dracula, e ha già messo in cantiere i sequel, trasformati altri film. Dracula II diventa il notevole Le Spose di Dracula, che gode di una buona sceneggiatura – ancorché rimpastata – e del buon Peter Cushing come Van Helsing tuttofare, mentre, Dracula III diventa Il Mistero del castello (anche se meglio l’originale Kiss Of the Vampire), con tanto di finale scartato e riciclato dalle precedenti Spose.

Sono gli anni d’oro della compagnia: sforna film come salsicce, riutilizzando i set e attori, ma se il ciclo di Frankenstein è già al terzo film, la saga del Conte latita, quindi tocca arrangiarsi e cercare altrove e alzare l’asticella del morboso e del mostrabile, cercando di aggirar le maglie censorie della BBFC.

Alla regia viene reclutato l’australiano Don Sharp, che confessa candidamente di non aver mai visto un horror. Viene prese sottobraccio dai produttori e per tre giorni gli fanno vedere i loro Dracula il vampiro, la maschera di Frankenstein e gli strangolatori di Bombay, in stile cura Ludovico. Alla fine il regista dichiarerà: “Nonostante l’assurdità delle situazioni, dopo mezz’ora ero catturato dalla visione.” E’ pronto per la pratica a base di vampiri.


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Sul cast invece abbiamo una serie di anonimi del Trecento, o meglio maestranze Hammer apparse in altri film: Noel Willman fa l’anemico vampiro di turno, con tanto di tunica da santone capo setta satanico-vampiresca che entra in scena verso la fine, anche se non aggiunge granché visto che si siedono a fare uno strano trenino…Mah. Le forze del male si salvano con la vampiretta Isobel Black che dà il tocco pruriginoso che piaceva agli spettatori e ci regala un piccolo scontro col prof Zimmer (Clifford Evans), studioso e stregone facente funzione di forze del Bene, che alla fine scatenerà lo stormo di pipistrelli al castello dei succhia sangue. Finale che fu scartato da Cushing per il suo Van Helsing, che non voleva pastrocchiare con la magia e riappiccicato qui; abbastanza sommato suggestivo, ma che verrà trombato dall’uscita de Gli uccelli di Hitchcock. Infatti, ‘sto povero Bacio di vampiro è realizzato nel ’62, ma uscirà nel ’64 e non reggerà il confronto né con Hitch né con altri film della casa inglese.

Ci sono dei momenti interessanti, i canonici tre codificati da Jimmiy Sangster già nei primi film: scena iniziale, (in questo caso con un funerale che finisce in un impalamento), centrale – il già citato scontro, ma anche Marianne soggiogata che sputa in faccia al marito – e il finale pipistrelloso, ma nell’insieme risulta un po’ ingessato nel ritmo e con poco mordente, nonostante tutti i canini a disposizione.

Per fortuna, il Conte titolare risorgerà presto e questo diventerà uno dei tanti “altrove” vampireschi di Casa Hammer, per sua sfiga in meno incisivo; al massimo un po’ canino.

Aficionados Hammer & vampiri, buona visione.


(Enrico Corso autore dei libri La Scala Di Vetro e Nero Come L'Arancio)


Trailer




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