Justine, Ovvero Le Disavventure Della Virtu’: Recensione Del Film



Regia: Jess Franco


Volete far sussultare Romina Power? Nominatele Justine, uno dei film che si vergogna ad aver girato fin da allora. Se invece aveste voluto far sobbalzare Tio Jess, sarebbe bastato nominagli Romina Power. Carramba!

Justine o le disavventure della virtù è un romanzo di Donatien Alphonse Francois De Sade, per gli amici Divin Marchese, la cui trama sostanzialmente si riduce a due sorelle Justine e Juliette; mentre la prima per un voto di castità ne subisce di ogni da chiunque incontri sulla sua strada, la seconda calza il vizio e il crimine come un guanto, diventando così rispettata dalla buona società di allora.

De Sade e Tio Jess condividono la stessa filosofia del Boudoir, la patatina stampata in testa e l’uso di grimaldelli erotici (nel caso di Jess Franco la telecamera), per cui è naturale che i due si incontrino nelle varie fasi della carriera del regista. Nel ’69 – l’anno non l’altro – Tio Jess è sotto l’ala del produttore Harry Alan Towers, che gli serve l’occasione sul piatto d’argento: Justine, di cui Towers cura la sceneggiatura, sganciandogli una coproduzione anglo-italo-tedesca, otto settimane di riprese e un milione di dollari di budget. Carramba! Carte così buone, Tio Jess non le avrà mai più in tutta la sua carriera; solo il cast fa venire le vertigini: Klaus Kinski, Jack Palance, Maria Rohm, Sylva Koscina, Rosalba Neri, Akim Tamiroff, tutto er mejo del cinema dell’epoca. Peccato che il mazzo lo facciano i produttori e impongano l’asso di picche: Romina Power. Carramba, che sorpresa!


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A Tio Jess viene un coccolone, la parte era per Rosemary Dexter, retrocessa nel ruolo di Claudette, in favore di questo cosino sedicenne, seminuda, ruminante il chewingum, con l’aria di chi non sa bene dov’è e perché. Avesse almeno quella malizia da Brigitte Bardot…Anzi avesse almeno malizia. Macché, ha due espressioni, il broncio con le trecce e il broncio con i capelli sciolti. Il produttore puntava sul richiamo del cognome di papà Tyrone, che comunque era già morto da dieci anni, col risultato di creare un’Alice nel paese di De Sade.

Però male non è, con quell’insieme di stili dal feuilleton al nero criminale, preso a piccole dosi ti gusti i vari momenti, da De Sade/ Kinski rinchiuso nella cella che ha le visioni di Justine e Juliette, agli esterni girati a Parc Guell, location del convento dei fratacchioni sadici capeggiati da Fratello Antonello/ Jack Palance impagabile (pare fosse sempre ubriaco) è uno stregatto baffuto e vaneggiante che con le pose da Cristo benedicente prima di dar il via alle torture ha fatto sì che l’Osservatore Romano bollasse il film come “blasfemo”, inserendolo nell’indice accanto al maestro Bunuel. Ma questo a Tio Jess ha fatto solo che piacere, lui che ha il nome due volte blasfemo, Jesus Franco, Cristo e Caudillo. Carramba, che complimento!

In tutto questo, Justine/Romina si muove come un corpo estraneo, sospesa, come se niente la toccasse. Anche se tutti toccano eccome… Ma Justine di De Sade non è un libro per lei, preferirà Lolita di Nabokov, letto dal prof. Albano. 

Carramba che coppia!

Buona visione,


(Enrico Corso autore dei libri La Scala Di Vetro e Nero Come L'Arancio)

Trailer


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