Three... Extremes


Regia: Fruit Chan, Park Chan-Wook, Takashi Miike



Pellicola del 2004 presentata al festival di Cannes nella sezione “Mezzanotte”, è composta da tre mediometraggi della durata di circa 40 minuti ciascuno. L’obiettivo è quello di rappresentare i diversi volti dell’horror orientale: Cina (Dumplings), Corea del Sud (Cut) e Giappone (The Box).

Attenzione: trame spoilerose!


- DUMPLINGS -

Primo mediometraggio diretto dal cinese Fruit Chan, ci mostra la più raccapricciante tra le tre storie. 


Li Quing, una donna di mezza età diventata famosa in età giovanile come attrice, si rende conto che ormai sta invecchiando e il suo fascino sta svanendo. Per risolvere il problema si rivolge ad una signora che si fa chiamare Zia Mei e che sostiene di conoscere un rimedio per restare giovani: dei ravioli molto speciali. La nostra protagonista deciderà quindi di sottoporsi a questa speciale terapia a base di ravioli al vapore, nonostante il ripieno abbia un sapore davvero terribile. Presto scopriremo che il ripieno dei ravioli è composto da feti umani tritati, di età variabile da qualche settimana a 5/6 mesi. Zia Mei infatti gestisce un traffico illegale di feti sia corrompendo alcune infermiere all’ospedale sia facendo abortire lei stessa alcune ragazze. Li Quing, inizialmente disgustata e spaventata, riuscirà presto a superare lo shock e si dedicherà anima e corpo a questa dieta disumana ed immorale pur di restare giovane.

In questo primo capitolo, come si è potuto notare, gli elementi che creano disgusto sono parecchi e nel film sono resi davvero alla perfezione. Personalmente non ho mai visto un feto umano ma quelli rappresentati su schermo mi sembravano piuttosto realistici. La parte più disgustosa è però il sonoro: se nei momenti normali abbiamo un fantastico accompagnamento musicale, durante i pasti saremo costretti a sentire il rumore delle ossa frantumate che vengono mangiate e il rumore sordo e viscido della carne maciullata. 

- CUT -


Un giovane regista in carriera è alle prese con la realizzazione di una serie TV e, nonostante il lavoro sia molto, lui è felice e rispettato da tutti. È sposato con una pianista e la sua vita scorre liscia, almeno fino a quel giorno. Una sera dopo il lavoro decide di tornare a casa, ma qualcosa non va: non è solo. Presto infatti verrà immobilizzato e legato con una fune elastica ad una parete mentre sarà costretto a guardare il sequestratore che, dopo aver legato con delle funi la moglie del regista ad un pianoforte, la minaccerà di tagliarle le dita se lui non gli ubbidirà. Le condizioni per salvare la moglie sono infatti disumane: deve soffocare una bambina che il sequestratore ha rapito, legato ed immobilizzato su un divano vicino a lui. 
Il regista non vuole uccidere la bambina né tanto meno far sacrificare alla moglie ciò che ha di più prezioso (le mani) e quindi cerca di capire il perché di queste violenze e si scoprirà che il rapitore è una comparsa dei suoi film, invidioso del fatto che al regista la vita abbia sempre sorriso mentre a lui tutto sia andato sempre storto, dalla scuola alle botte date dal padre-padrone. Il capitolo si conclude in un bagno di sangue, con gole sgozzate, dita tagliate e gente soffocata, in una vendetta che non ci permette di capire in modo chiaro chi sia vittima e chi carnefice.

Questo secondo capitolo è quello che più mi ha deluso. Park Chan-Wook è diventato famoso grazie alla trilogia della vendetta, un trittico geniale ed innovativo nel quale la vendetta, appunto, è il filo conduttore. In questo caso però la vendetta è usata in modo forzato in quanto l’alibi del rapitore non è assolutamente plausibile né all’altezza dei precedenti lavori del regista sudcoreano. La violenza è presente (specialmente nel finale) ma il film, personalmente, ha deluso e non convince in modo particolare, anche a causa dei dialoghi non sempre brillanti e della lentezza con la quale è sviluppato l’episodio.

- THE BOX -

Ultimo film, diretto da Takashi Miike, segue le vicende di una donna con problemi psichiatrici che, dopo averci fatto vedere parte di un suo sogno riccorrente, ripercorre con dei flashback la sua infanzia nel circo, assieme alla sorella e ad un prestigiatore. Quest’ultimo apprezzava maggiormente la sorella a lei e quindi, per gelosia, la rinchiuse in una scatola che usavano per i loro trucchi magici. Il prestigiatore lo scopre e, durante la collutazionecon la nostra giovane protagonista, viene ribaltata una lampada ad olio che incendia il tendone, compresa la sorella ancora rinchiusa nella scatola. Alla fine dell’episodio però si capirà che in realtà tutto questo flashback faceva in realtà parte del sogno ricorrente e  la sorella è ancora viva e vegeta.

Tra i tre capitoli questo è di sicuro quello meglio riuscito, sia tecnicamente che come atmosfere ricreate. La colonna sonora anche qui è fondamentale con un inquietante carillon che ci terrà compagnia per la maggior parte del tempo e gli effetti sonori sono davvero significativi. Il montaggio (come in altri film di Miike) è davvero importante perché riesce a ribaltare il senso dell’intera pellicola modificando solo l’ordine di un paio di scene. Visionario, poetico ed inquietante: questo The Box è davvero ben fatto.

Insomma, questo era Three Extremes, un film davvero particolare e macabro che sarebbe potuto diventare un piccolo capolavoro se fosse stato sviluppato interamente solo il terzo cortometraggio. Consigliato vivamente a tutti coloro che amano gli horror orientali e le storie forti.




Giudizio complessivo: 7.6

Buona visione!

Stefano Gandelli





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