Il Plenilunio Delle Vergini: Recensione Del Film



Regia: Paolo Solvay e Mark Damon

A.D.1973: il Gotico Italiano è già il fuoco fatuo di stesso. Alcuni però sbrilluccicano più intensamente di altri e mandano bagliori così rossi da essere già scult, come l’anello pataccone al centro di questo film.

L’archeologo Karl Schiller – Mark Damon – scopre su un molto bizzarro e curioso volume di un sapere dimenticato (kudos a chi indovina la citazione), l’esistenza dell’anello dei Nibelunghi, indossato da personalità del calibro di Attila, Giulio Cesare, Alessandro Magno, che conferirebbe poteri inimmaginabili a chi lo indossa. Siffatto gingillo, più che da un meteorite, sembra raccattato da qualche uovo di Pasqua, un affare color rubino, che Uomo Mascherato, levati, ma levati proprio. Comunque, il suo ultimo possessore è il conte Dracula. Detto fatto, Franz il fratello gemello di Karl, parte per la Transilvania, fatta a forma di castello di Balsorano (must del cinema bis dell’epoca, al pari delle cascate di Monte Gelato), ma quello che non sa è che l’anello è in mano alla vedova Dracula, la contessa Dolingen DeVries, avente corpo svestito di Rosalba Neri, che prima amoreggia con lui, poi lo morde. Tranquilli, arriverà anche il gemello Karl al castello, sennò che film di vampiri è?

Appunto, che film di vampiri è, questo plenilunio virginale?


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Un prodotto tardo, con l’estetica da pornofumetto. Un pretesto mostrare per sangue, tette, cripte e personaggi che vagano nei corridoi, come da tradizione. Ma ci si diverte lo stesso: Mark Damon si sdoppia in due ruoli, sembrando ora malvagio, ora mite. Fa pure la regia occulta assieme a Solvay e millanta finanziamenti americani: pare infatti che si vergognasse a dire che pagava di tasca propria.

Rosalba Neri, col nome letterario di Dolingen fa un po’ di tutto, dal lesbo con la serva Esmeralda Barros, alla seduzione etero di Mark Damon, al bagno di sangue in stile Erzsèbet Bathory, nella scena diventata simbolo del film, tanto da finire nelle locandine. E dall’alto della torre, chiama le vergini del villaggio – il plenilunio del film - con il pataccone rosso al dito, tutto fulmini e saette… Non sono più i tempi del morboso suggerito e del bianco e nero da sogno, qui l’estetica è piuttosto sleazy, grazie alla fotografia di Aristide Massacesi alias Joe D’Amato, ossia povera nelle scene normali e fluo nelle scene di sesso.

La messa in scena poi sembra la versione appena più curata di certi film di Polselli, il re dei film tombaroli del genere, nel senso che vedi quelli e poi muori. E dulcis in fundo, c’è pure il vampiro gobbo e pelato interpretato da Xiro Papas, talmente freaks da suscitare uno sghignazzo e meritare un funko pop tutto per lui. Hai visto mai che qualche casa di action figures sia interessata…

Scultissimo e consigliato.

Buona lettura


(Enrico Corso autore dei libri La Scala Di Vetro e Nero Come L'Arancio)


Trailer


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