I Giorni dell'Abbandono: La Recensione del Libro



Autore: Elena Ferrante


I Giorni dell'Abbandono è un romanzo scritto da Elena Ferrante nel 2002, parecchi anni prima della sua opera di maggior successo, L'Amica Geniale.

E come quest'ultimo parla attraverso la voce narrante di una donna di origini napoletane che dovrà affrontare l'abbandono da parte del marito e i suoi demoni più spaventosi.

Olga è una donna di 38 anni, che vive a Torino e che ha dedicato tutta la sua vita al marito Mario e ai due figli avuti con lui, Gianni e Ilaria.

Un tiepido pomeriggio di aprile il marito le confessa, di punto in bianco, di provare un senso di stanchezza e insoddisfazione per la propria vita coniugale e si chiude la porta dietro di sé, lasciando Olga nello sconforto e nel dubbio.

Olga non riesce a capacitarsi, dopo 15 anni di matrimonio e di apparente benessere, che il marito voglia davvero lasciarla e pensa ad una crisi passeggera, "un vuoto di senso", analogo a quello che Mario aveva già avuto all'epoca in cui erano fidanzati, ed è certa che presto si ravvedrà.

Quando, qualche giorno dopo, Mario torna a casa, Olga tenta di riconquistarlo mostrando tutte le sue doti di moglie devota e comprensiva, ascolta le sue giustificazioni con accondiscendenza e pacatezza ma, infine, capisce che le argomentazioni di Mario sono tutte scuse. La scelta di lasciarla non nasce dall’insofferenza di Mario per la sua vita ma è dettata dall'amore per un'altra donna.

La compostezza di Olga comincia a vacillare. Ferita nel profondo e nella sua dignità di donna, Olga si sente sopraffatta dallo sconforto e dalla disperazione: per 15 anni ha dedicato la sua vita a Mario, rinunciando al suo lavoro e alla sua indipendenza economica, per seguire il marito ovunque il suo impiego da ingegnere lo spingesse e mettendo se stessa e le sue ambizioni in secondo piano. Ora come poteva quell’uomo ingrato gettare tutto al vento? Lasciarla per un’altra donna? Olga non riesce a farsene una ragione.

Olga si ritrova a pensare ad una signora che viveva nel suo palazzo, all'epoca della sua infanzia napoletana, una donna energica, grassa e piena di vitalità, che aveva sempre caramelle per tutti e profumava di bambini. Un giorno il marito la lasciò per un'altra donna e la cortese e dolce signora si trasformò, nell'immaginario di tutti, nella "poverella", nient'altro che una donna sfinita e ridotta pelle ossa, un'ombra sbiadita della se stessa che era stata, consumata e avvinta dal tormento per il tradimento del marito che l'aveva lasciata e abbandonata con i figli.

Olga cerca di reagire, di controllare la sua vita, di non diventare come "la poverella", ma il suo cervello è sempre intento a rimuginare sul passato, sui suoi errori, a immaginare il marito che ormai ringiovanito, se la spassa con un'altra donna, in un crescendo di pensieri ossessivi e sconci.

Olga si sente vecchia, passa ore davanti allo specchio a rimirarsi, non è soddisfatta di se stessa e comincia a lasciarsi andare.


Anche la cura dei bambini ne risente; Olga è distratta, si sente affaticata, dimentica di pagare le bollette, teme di non riuscire a star dietro a tutti gli impegni e ai figli stessi. Come se non bastasse deve occuparsi di Otto, il loro grosso cane lupo, un compito che è sempre stato di Mario, e che ora grava su di lei.

Un giorno passeggiando per strada, Olga vede Mario insieme alla sua compagna, che risulta essere Carla, la figlia di una collega vedova di Mario, al quale lui dava ripetizioni di chimica e faceva da tutore. Anni prima Olga aveva notato che la ragazza rivolgeva strane attenzioni al marito e che lui ne era rimasto turbato, ma poi tutto era rientrato e lei non aveva mai sospettato che Mario potesse avere una relazione con la giovane.

Olga capisce così di essere stata ingannata per anni e accecata dalla rabbia ed in preda ad un folle impeto di gelosia, aggredisce Mario scaraventandolo contro una vetrina e colpendolo con spietatezza, sotto gli occhi sbigottiti di Carla e degli ignari passanti.

Da questo momento inizia una parabola discendente, una fase di totale esaurimento e smarrimento di Olga, che culmina in una giornata disastrosa di agosto, quasi surreale, in cui la serratura di casa si blocca e Olga rimane chiusa dentro con i bambini, mentre Gianni ha la febbre e Otto sta male, probabilmente per aver ingerito il veleno che Olga ha dispensato contro le formiche.

Olga non riesce a concentrarsi e a seguire delle catene di azioni sensate, cerca di tenersi vigile con l'aiuto di Ilaria che ogni tanto, seguendo le disposizioni della madre, la ferisce con un tagliacarte per riportarla alla realtà. Nella sua mente si affollano pensieri e ricordi, mentre l'immagine della poverella la scruta seduta alla sua scrivania.

In balia degli eventi e senza un telefono per poter comunicare all'esterno, Olga passa abbracciata con Otto i suoi ultimi attimi di vita, finché con in grembo il suo corpo esamine, scoppia in un pianto incontenibile e liberatorio, in cui razionalizza la sua condizione e capisce di non amare più Mario.

Alla fine le viene in soccorso Aldo Cerrano, suo vicino di casa, col quale qualche giorno prima ha avuto una serata di intimità, che la libera anche dalla triste incombenza di disfarsi del corpo di Otto.

Dopo aver toccato il fondo Olga riemerge dall'oblio nel quale era precipitata e, a poco a poco, recupera le forze per riordinare la sua vita. Ricomincia ad occuparsi di se stessa e dei bambini, riprende i contatti con alcune amicizie e trova perfino un impiego presso un'agenzia di autonoleggio.

Con l'aiuto di un'amica in comune, Olga si accorda con il marito per l'affidamento condiviso dei bambini, che iniziano così a frequentare casa di Mario e Carla.

Con il passare dei giorni i due ex coniugi riescono ad avere anche dei rapporti più civili; una sera in cui Mario, in vena di confidenza, le rivela di non sopportare più i bambini e che rovineranno i rapporti tra lui e Carla se continueranno a vederli così spesso, Olga realizza la pochezza del marito e riesce a dirglielo in faccia:

"È vero che non mi ami più? "
"Sì"
"Perché? Perché ti ho mentito? Perché ti ho lasciato? Perché ti ho offesa?"
"No. Proprio quando mi sono sentita ingannata, abbandonata, umiliata, ti ho amato moltissimo, ti ho desiderato più che in qualsiasi momento della nostra vita insieme"
"E allora?"
"Non ti amo più perché, per giustificarti, hai detto che eri caduto nel vuoto, nel vuoto di senso, e non era vero"
"Lo era"
"No. Ora so cos'è un vuoto di senso e cosa succede se riesci a tornare in superficie. Tu no, non lo sai. Tu al massimo hai lanciato uno sguardo di sotto, ti sei spaventato e hai tirato la falla col corpo di Carla".

Fece una smorfia infastidita, mi disse "Ti devi tenere di più i bambini, Carla è affaticata, la madre sei tu". Lo guardai attentamente. "Era proprio così, non c'era più niente che mi potesse interessare di lui. Non era che una scheggia di passato, era solo una macchia, come l'impronta che una mano ha lasciato anni addietro su una parete".

Olga è ora una donna risoluta, forte e determinata. Non ha più bisogno di Mario ed è finalmente libera di proseguire, con rinnovata consapevolezza, la sua vita. Libera dallo spauracchio delle donne interrotte del romanzo di Anna Karenina letto al liceo e dall’immagine della "poverella", la moglie abbandonata della sua infanzia napoletana.

Buona lettura,




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