Titane: La Recensione del Film



Regia: Julia Ducournau

Julia Ducournau, dopo avermi convinto a metà con l'ambizioso Raw, ci riprova quest’anno con l’altrettanto ambizioso Titane, e il risultato direi che non cambia.

Indubbiamente ci sono molti spunti interessanti meritevoli di pregio ma, proprio come nel caso del suo predecessore, alla fine quello che ti lascia è un senso di incompiuto, di quel “vorrei ma non posso” che purtroppo lo mantiene distante dai top di gamma recenti, tra cui mi viene in mente per esempio Saint Maud, vista la comune presenza di giovani donne tormentate, seppur con storie e problematiche non così assimilabili.

Brevemente la trama. Una giovane donna di nome Alexia, con una placca di titanio in testa impiantata a seguito di un incidente, conduce la sua vita sregolata uccidendo tutti coloro che provano ad avere rapporti sessuali con lei. Dopo l’ennesimo omicidio si troverà nei guai e, ricercata dalla polizia, finirà con l’assumere l’identità di un ragazzo scomparso molto somigliante a lei, creando un particolare rapporto con il padre.


Collegandomi a ciò che dicevo nelle prime righe, ecco che già dalle prime fasi compaiono subito sentimenti contrastanti. Se da un lato finisci immediatamente con l’innamorarti della protagonista (l’ottima Agathe Rousselle), grazie a quelle sue performance che non possono non rimandare al Crash Cronenberghiano, non si può non considerare la forzatura di quelle prime sequenze, nel parcheggio prima (dove appare difficile che nessuno si accorga di nulla) e nella casa poi, dove non basta la buona associazione col “Nessuno mi può giudicare” di casa nostra per rendere la scena quantomeno credibile.


La sofferenza che si impossessa via via della protagonista ti entra comunque dentro e ti rapisce all’interno di questa costante fuga da una vita che ormai sembra rifiutarla. Una fuga che la costringe a scelte non esattamente convenzionali e che riescono a farsi apprezzare grazie anche ad un buon trucco, oltre che all’abilità dell’attrice. In mezzo, da apprezzare anche l’esasperazione del corpo martoriato, da cui continua a fuoriuscire quell’invitante ed allo stesso tempo inquietante sangue Castrol 15W-40, per soddisfare la voglia di body horror presente in ciascuno di noi.

La stessa fuga riuscirà tuttavia a perfezionare l’unione tra Alexia e un’altra anima a dir poco inquieta, quella di Vincent (Vincent Lidon, eccezionale pure lui), bisognoso dell’affetto del figlio scomparso, da ricercarsi in qualsiasi cosa che possa in un certo qual modo ricollegarsi a lui. Il rapporto che si crea tra i due, su cui si basa praticamente l’intera pellicola, è chiaramente il punto forte della faccenda e riesce a trasmettere davvero ottime sensazioni, culminanti nell’abbraccio finale con quel “Io Sono qui” che di certo non può lasciare indifferenti.


La Ducournau tuttavia, spaziando tra diversi generi, riesce in un primo momento a destare curiosità, ma col passare del tempo finisce col perdersi un po', mancando di quella sostanza che avrebbe giovato alla buona riuscita del lavoro. Se dovessi descrivere Titane in un modo un po’ diverso, mi piacerebbe inquadrarlo come un cioccolatino con una confezione intrigante, che quando lo scarti ti mostra una glassa a dir poco appetitosa ed invitante, ma che poi all’assaggio ti fa rimanere con quel retrogusto di amaro in bocca che ti lascia il Wow strozzato in gola.

Anche la volontà di inserire moltissime tematiche all’interno del film, senza poi soffermarsi troppo su qualcuna in particolare, rimanda a quelle pecche che già avevo riscontrato in Raw e che aumentano la convinzione che mettere troppa carne al fuoco non sempre è un’idea vincente.

Quello che è certo però è che Titane è un film che non si scorda facilmente, che consiglio in ogni caso di vedere perché, nonostante qualche perplessità di troppo, gode di molti punto a favore, tra cui quel bel finale coraggioso.

Giudizio complessivo: 6.5

Enjoy, 


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