Il Pozzo E Il Pendolo



Dopo il grande successo della doppia recensione de La Maschera della Morte Rossa, non potevamo tirarci indietro e abbiamo quindi deciso di guardarci anche Il Pozzo e il Pendolo sempre del grandissimo Roger Corman e ovviamente tratto dal famosissimo racconto omonimo di Poe. Prima degli articoli però vi lasciamo un brevissimo riassunto del racconto (magari foste tra i pochi a non averlo mai letto).

Il Pozzo E Il Pendolo: un uomo si ritrova ad avere qualche problema con l’Inquisizione Spagnola e dovrà confrontarsi con gli ingegnosi metodi studiati per eliminarlo. 

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L'analisi Film-Racconto


Eccoci tornati dalle vacanze con una nuova puntata della rubrica “Affinità e Divergenze” anche questa a tema Edgar Allan Poe e questa volta ci lanciamo nell'analisi de Il Pozzo e il Pendolo, forse il più conosciuto e iconico racconto dell’autore. Siamo partiti, anche questa volta, dal film omonimo di Roger Corman del 1961, anche questo con quel mostro di bravura di Vincent Price come protagonista. 


Sono molto legata al racconto di Poe perché è il primo racconto suo che abbia mai letto e proprio da quelle pagine è nato il mio amore per l’autore, ma anche in questo caso non aspettatevi un film che segua alla lettera le parole di Poe; il racconto è la base per Corman per uno sviluppo ulteriore della storia, che però, anche in questo caso, non disturba la visione di chi conosce il racconto, anzi lo arricchisce portando la trama su piani differenti. 

“la sentenza era stata pronunciata: ed io avevo la sensazione che, da allora, fosse trascorso un tempo lunghissimo”

Quello che mi ha sempre affascinato del racconto di Poe è il modo in cui la storia è raccontata: la vicenda la sentiamo dalle parole del torturato stesso, quindi sappiamo fin dalla prima riga della sua sopravvivenza, ma questo non inficia ,anzi a tratti aumenta, l’ansia che il protagonista anonimo prova nell'oscurità della sua cella e noi assieme a lui. Il racconto è impregnato fortemente di questa continua e crescente ansia, orrore e profonda angoscia, che ancora riscopro ogni volta che gli occhi scorrono su quelle parole. È un racconto di sensazione, di tatto, olfatto, suoni e vista; è un racconto di scoperta macabra, è un racconto di morte lenta e agonizzante, è un racconto sublime di tortura. 

“e allora, simile a una armoniosa nota musicale, penetrò nel mio animo l’idea del dolce riposo dal quale siamo attesi nel sepolcro.”

Non c’è soprannaturale in questo racconto, non ci sono forze esterne, solo la crudeltà inquisitoria e le sensazioni di un condannato; l’ansia si accresce dopo ogni scoperta del torturato, fino ad arrivare al pinnacolo assoluto di orrore, raccapriccio ma allo stesso tempo ammirazione per strumenti di tortura così poetici ma letali (Saw L’Enigmista scansati proprio): IL PENDOLO, la lama lucente e ritmica portatrice di morte. 

“L'oscillazione del pendolo procedeva in una direzione ad angolo retto con quella della mia lunghezza, ed osservai che la lama era così disposta che avrebbe attraversata la regione del cuore”


Come ogni volta le trasposizioni di Corman sono meravigliose riescono a stravolgere la storia pur mantenendola sovrapponibile col racconto originale, e signori miei questo vuol dire essere dei geni della cinematografia. Il film è pieno di quell'ansia crescente che accompagna tutto il racconto, ma qui ci troviamo davanti ad una ragazza morta, Elisabeth; ad una famiglia legata all'Inquisizione, alla tortura. Vincent Price superlativo, meraviglioso anche se un po’ meno satanico del solito. Mi è piaciuto moltissimo il fatto che i suoi personaggi, Prospero ne La Morte Rossa, e Nicholas Medina in questo film, siano entrambi legati a doppio filo alla figura dell’Inquisizione e al dualismo amore, morte/tortura.

Le immagini evocate dal film sono di una bellezza sconvolgente e talmente iconiche da rimanere incollate allo spettatore. Vogliamo parlare della mano insanguinata che esce dalla tomba o della rivelazione finale del famoso pendolo che è identico a quello che mi sono sempre immaginata leggendo il racconto?! Racconto e film sono due capolavori, diversi tra di loro ma assolutamente complementari e imperdibili. 

"Nessuno entrerà mai più in questa stanza"



Buona lettura,


                    


Il film- La Recensione 

Già nel film La Maschera Della Morte Rossa,  mi ero lungamente espresso sulla necessità di arricchire il proprio bagaglio culturale leggendo i racconti di Poe e guardando i film di Corman ma, visto che siete pigri e quest’estate son sicuro che non avete svolto i compiti, ve lo ripeto ancora una volta introducendovi a questo film, tratto appunto da uno dei racconti più celebri dello scrittore di Boston.

Non sto a dilungarmi troppo sull'analisi film-racconto che tanto potete leggere sopra, e mi soffermerò quindi esclusivamente sulla pellicola, datata 1961 e quindi cronologicamente successivo a I Vivi e i Morti (House of Usher), di cui vi parlerò in futuro, e antecedente a La Maschera Della Morte Rossa. In realtà poi Corman non si è limitato solo a questi 3 lavori, traendo ispirazione da Poe, ma questo lo analizzeremo nelle prossime recensioni.


In questo film il regista di Detroit riesce ancora a regalarci un ottimo horror, impreziosito da sfumature gotiche che rimandano chiaramente a Edgar Allan Poe (seppur non così direttamente a livello di trama). Troviamo inoltre al suo interno un altro tema tanto caro allo scrittore, quello del seppellimento prematuro, a cui ha anche dedicato un racconto di cui ho parlato in quest’articolo, ma che spesso fa capolino nei suoi lavori, soprattutto quando di mezzo ci sono le mogli dei protagonisti. Troviamo poi chiari rimandi a quanto accaduto alla famiglia Usher per cui, in fin dei conti, Poe risulta più presente di quel sembra ad una prima occhiata superficiale.


Già l’inizio è strepitoso, con musiche accattivanti ed un sonoro preponderante che accompagnano i titoli di testa e ci introducono nella splendida cornice del castello dei Medina, sapientemente arredato negli interni ed assolutamente imponente nel suo affacciarsi maestoso sulla scogliera, dove si infrangono le onde ad anticipare la tempesta che presto si abbatterà sulla famiglia.

Ma imponente non è solo il castello, perché ovviamente il protagonista indiscusso è ancora una volta Vincent Price, sempre sul pezzo con quella incredibile mimica facciale che gli consente di servirsi di una semplice occhiata o di un semplice cenno del volto per prendersi il centro dell’attenzione. Eccezionale in particolare quando si arrovella dubbioso sul mistero della moglie scomparsa, semplicemente straordinario quando impazzisce indiavolato nella parte finale, in cui non capisci più dove stia il labile confine tra follia e realtà.


Molto suggestivi risultano poi i vari flashback che rimandano all'infanzia di Don Medina e alla tragica scoperta che fece all'epoca, il tutto condito da interessanti distorsioni cromatiche che amplificano ancor di più il senso di inquietudine legato alla famiglia, a testimoniare l’ottimo lavoro di Corman che ancora una volta confeziona un prodotto tecnicamente di livello altissimo (ripeto, correva l’anno 1961).

Ma attenzione, non c’è solo Price, tutto il cast se la cava più che dignitosamente e poi, ragazzi, c’è pure la meravigliosa Barbara Steele, appena reduce dal capolavoro di Marione Bava La Maschera del Demonio e purtroppo qui non troppo sfruttata per quelle che sarebbero potute essere le sue possibilità. Ma ciò non toglie che trovi comunque il modo di essere presente nelle due o tre scene clou del film.


L’immagine di Elizabeth che esce dalla tomba, così come quella del cadavere ritratto nel tentativo di forzare la bara dove ingiustamente era stato collocato, restano infatti facilmente impresse nella memoria, così come la tortura del pendolo, sicuramente uno dei sistemi di maggior effetto per raggiungere l’obiettivo prefissato.

Peccato solo che in certi punti il film perda lievemente ritmo, ma per il resto c’è veramente poco da recriminare, compreso quell'ottimo finale sugli occhi della Steele che ancora oggi riesce a mettere i brividi.

"...the agony of my soul found vent in one loud, long and final scream of despair"

Buona visione,



Trailer


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2 commenti:

  1. Il racconto è un capolavoro, come quasi tutto quello che scrisse Poe. Il film lo vidi alle superiori, reduce da un'intervista a Tim Burton dove tesseva le lodi di Price, ma ne ho un racconto piuttosto nebuloso...

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    1. Eheh, allora mi sa che sarà il caso di un bel rewatch 😉

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